イタリア学会誌
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論文
フランドルの画家マンゾーニ:
─『婚約者』と17世紀絵画のリアリズム─
霜田 洋祐
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2019 年 69 巻 p. 23-48

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抄録

«Del Manzoni siamo perfettamente d’accordo: eccellente pittore, benché fiammingo» scrisse in riferimento ai Promessi sposi all’indomani della pubblicazione Pietro Giordani, nel settembre del 1827, in una lettera all’amico Francesco Testa. Un paragone simile, ma con connotazioni positive, si trova in una lettera di Antonio Cesari: «nel colore, nella forza, nell’espressione tuttavia vale assai: nelle pitturette fiamminghe è maraviglioso; come altresì nel toccare le passioni, gli affetti e movimenti tutti del cuore, fino a’ più minuti, mi par gran maestro». Questi commenti permettono di collocare l’opera manzoniana nel contesto della storia letteraria europea del primo Ottocento, periodo in cui i critici dell’epoca paragonarono allo stesso modo romanzieri di altri Paesi come Jane Austen, Walter Scott, Honoré de Balzac ed altri a pittori fiamminghi o olandesi (senza prestare particolare attenzione ai differenti caratteri delle due scuole). I romanzi di questi autori, pur nella loro diversità, a confronto con quelli dei secoli precedenti, hanno però ad accomunarli nuove caratteristiche, e sono queste ad indurre la critica coeva a illustrarne i comuni riferimenti alla pittura olandese o fiamminga, categoria che tuttavia include anch’essa un gran numero di opere molto diverse tra loro.

Muovendo da questa “etichetta” attribuita a molti e diversi romanzi del primo Ottocento, questo lavoro intende in primo luogo confermare la presenza, nel romanzo manzoniano, di numerosi aspetti presenti nei romanzi europei cosiddetti “realisti”. Per quanto questa affermazione possa sembrare banale, è stata tradizionalmente impiegata quasi esclusivamente in senso retrospettivo, attraverso cioè analisi comparative con i romanzi francesi, considerati i prototipi del “realismo”, palesatosi in seguito all’enorme successo dei romanzi scottiani e dopo I promessi sposi. Senza limitarsi a questo primo aspetto, però, questo esame cerca di individuare anche le caratteristiche particolari che distinguono l’opera manzoniana dagli altri romanzi ottocenteschi.

In primo luogo, attraverso lo studio di R. B. Yeazell sul rapporto tra la pittura olandese e il romanzo realista, Art of everyday: Dutch painting and the realist novel (2008), ed esaminando discorsi e recensioni che mettevano in relazione autori come Austin, Scott, e Balzac con i pittori olandesi, si procede all’analisi di modi e caratteristiche di cui si avvalse la critica in questo confronto. L’accostamento non può, comunque, essere considerato semplicemente una felice trovata dei critici: corretta è infatti l’osservazione di Yeazell che alcuni autori abbiano riprodotto intenzionalmente nella prosa lo stile descrittivo degli olandesi. La posizione manzoniana sembra però in qualche misura discostarsi da questa tendenza: se da un lato lo scrittore non si è mai mostrato come conoscitore d’arte, dall’altro è noto l’impegno con cui si è dedicato all’ottenimento di una documentazione esatta e minuziosa che gli consentisse una resa quanto più storicamente realistica della rappresentazione dell’Italia settentrionale del passato. Il romanzo, inoltre, è ambientato nel Seicento, ovvero il secolo d’oro della pittura olandese, in cui spiccano anche altrove pittori “naturalisti” come Velázquez e Caravaggio.

Il susseguente richiamo al recente lavoro di Daniela Brogi (Romanzo per gli occhi, 2018) intende evidenziare il profondo rapporto individuabile tra I promessi sposi e i dipinti caravaggeschi (soprattutto quelli che rappresentano temi religiosi) nella figura del cardinale Federico Borromeo e della cultura controriformistica da lui impersonata. Qualora nel romanzo manzoniano siano rintracciabili evocazioni delle opere caravaggesche, certamente questo ne può rappresentare un carattere distintivo rispetto agli altri romanzi europei del primo Ottocento.

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