Studi Italici
Online ISSN : 2424-1547
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Volume 40
Displaying 1-19 of 19 articles from this issue
  • Article type: Cover
    1990 Volume 40 Pages Cover1-
    Published: October 20, 1990
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
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  • Article type: Cover
    1990 Volume 40 Pages Cover2-
    Published: October 20, 1990
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
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  • Tomotada Iwakura
    Article type: Article
    1990 Volume 40 Pages 1-16
    Published: October 20, 1990
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
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    Mi sono interessato particolarmente alla parte del canto XV del "Paradiso" che costituisce il preambolo al famoso incontro con Cacciaguida, in cui il trisavolo del poeta rivolge a Dio parole incomprensibili ai mortali. Si tratta di un linguaggio mistico che il poeta non ha modo di intendere. Gli angeli e i beati non hanno bisogno di nessun mezzo di comunicazione, perche la loro intelligenza non viene coperta "cum grossitie atque opacitate mortalis corporis humanus". Essi mirano "nello speglio in che, prima che pensi, il pensier pandi". Non era necessario quindi per un beato come Cacciaguida parlare a Dio che "tutto discerne". Ci deve esere un altro motivo per cui egli parla. A mio parere nelle parole che Cacciguida rivolge a Dio vi e un elemento mistico e liturgico. Nel "De vulgari eloquentia" Dante spiega l'origine della lingua umana, basandosi sulla narrazione del "Ggenesi", ma aggiunge delle considerazioni personali che non si trovano nel testo originale. Il poeta pensa che Adamo abbia cominciato a farsi sentire prima che a sentire, perche nell'uomo il farsi sentire e piu essenziale che il sentire. Adamo, unico uomo esistente, avrebbe rivolto la sua prima parola a Dio per farsi intendere. Ma Dio discerne tutti i segreti della mente del primo uomo, e non c'era necessita che Adamo parlasse. Dio tuttavia volle che anch' egli parlasse, affinche fosse gloirficata la Sua opera. Io penso che Cacciaguida rivolga le sue parole a Dio per una ragione analoga : glorificare l'opera del Signore, ringraziandolo per l'eccezionale generosita con cui ha concesso al suo discendente l'alta missione di "scriba Dei". Di fatto il linguaggio mistico di Cacciaguida si configura come uno sfogo religioso simile a una preghiera. Una situazione non molto diversa si puo osservare nel dialogo tra Dante e Cacciaguida. Dal momento che quest' ultimo prevede tutto quanto il poeta concepisce nella mente senza che venga espressa con il linguaggio, non sarebbe stato necessario che Dante si esprimesse. Cio nonostante il trisavolo gli chiede di parlare con voce "sicura, balda e lieta". Anche qui si tratta di un atto prettamente rituale. Che significato ha dunque in Dante il ricorso a tale azione rituale? Senza dubbio il poeta voleva conferire autorita alla missione decretata dall' Eterna Volonta senza tuttavia esplicitarne il vero significato. In conclusione il linguaggio mistico nel episodio considerato e un artificio retorico utilizzato abilmente dal poeta per rendere ancora piu solenne l'incontro memorabile con il suo trisavolo.
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  • Michio Fujitani
    Article type: Article
    1990 Volume 40 Pages 17-43
    Published: October 20, 1990
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
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    Un gran numero di commentatori danteschi semgra concordare nel definire poco attrattivo e mancante di drammaticita, in confronto ad altri canti, il XV canto del Pur. della D. C. Molte cause sono state indicate finora dai dantisti, ma le principali, che hanno notevolmente turbato l'uniformita di interpretazione, si possono riassumere in due punti. Una riguamda l'immagine della "spera" el'altra il paragone della luce riflessa usato per l'apparizione dell'angelo. Per motivi di spazio, sono constretto ad omettere qui le dimostrazioni, tuttavia, la conclusione dell'esame condotto mi induce ad attribuire a "spera" il significato di "specchio solare" e a determinare che il fenomeno della riflessione ha luogo fra l'angelo-il suolo-il Poeta. Attraverso queste considerazioni, cerchero di percorrere una nuova strada che conduca ad una lettura soddisfacente del canto. Dalle due suddette interpretazioni, si deduce che, nella prima parte del canto XV, l'interesse di Dante si concentra senza dubbio sulla luce e la sua qualita, ma soprattutto sulla sua riflessione. Tutti versi iniziali del canto vengono unificati dal concetto di riflessione della luce. In primo luogo, la teoria ottica della riflessione secondo cui gli angoli del raggio incidente e di quello riflesso sono sempre uguali, presentata nella similitudine, nel suo schema corrisponde perfettamente ai versi del principio del canto, come dimostrato dalle fig. 1 e 2. L'angolo di incidenza rispetto all'asse della perpendicolare (E-O)-indicato dalla legge ottica-si ripete simmetricamente uguale sia alle 9 di mattina che alle 3 di pomeriggio. Ponendo attenzione al parallelismo dell'esposizione e delle immagini che lega le due similitudini, si puo ritenere che la complessa sequenza dei versi iniziali sia scaturita dallo schema della riflessione (fig. 2). Percio si puo pensare che Dante, spiegando la legge ottica, abbia avuto in mente questa immagine. Infatti, la similitudine iniziale prende forma se le ore (indicate dalla posizione del sole) vengono collocate nei punti A, B, C dello schema della riflessione (fig. 2). Nella similitudine iniziale si allude ugualmente al punto D (anch'esso presente nella fig. 2.) Il poeta coglie allo stesso tempo alcune applicazioni della legge ottica della riflessione che si addicono al testo da vari punti di vista e che cerchero di elencare qui di seguito. I. Applicazione dell'immagine della luce solare alla dimensione spazio-tempo (fig. 1). II. Applicazione alla luce divina : negli stessi versi, si allude allo schema di riflessione luce divina-spera-uomini, paragonando il sole alla "spera" (specchio) III. Applicazione alla luce angelica : la teoria ottica del raggio incidente-specchio-raggio riflesso corrisponde al reale fenomeno ottico della riflessione fra angele-suolo-poeta che si e verificato davanti a lui, per cui la teoria si conforma alla raalta. IV. Applicazione alla struttura dell'opera : si puo immaginare inoltre che Dante desiderasse trasmettere il concetto di simmetria della riflessione anche alla struttura della D. C. Dal punto di vista narrativo, i Canti XV e XVI corrispondono rispettivamente al 49^0 e 50^0 dei cento canti della D. C. e danno forma all'ultima unita narrativa della prima meta dell'opera. Questa simmetria emerge ancor piu chiarmente se si osserva anche la struttura geografica dell'itinerario dantesco. Dante ha strutturato anticipatamente lo snodarsi del suo itinerario nei tre mondi, dividendo in 10 parti ciascuno di essi ed ottenentone in tutto 30. Il Canto XV del Pur. comincia all'ingresso del III girone e lo descrive. Tale girone, secondo la divisione sudetta, corrisponde geograficamente al XV luogo attraversato da Dante nel corso del suo viaggio, cioe l'ultimo luogo della prima meta. Dante fa coincidere simbolicamnete il proprio itinerario

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  • Yoshiaki Yoneyama
    Article type: Article
    1990 Volume 40 Pages 44-69
    Published: October 20, 1990
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
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    Lo scopo di questo saggio : tracciare le vicende delle intelaiature (Ie cornici piu gli elementi fuori-cornice cioe gli avvisi ai lettori o le dediche ai patroni ecc.) e chiarire i motivi dei cambiamenti. L'importanza del problema del mezzo di comunicazione della letteratura. La cornice del 'Libro di sette savi'e del tipo "chinese box". 'Il novellino'ha un avviso ai lettori senza cornice. Cap. 1 Problemi della cornice del 'Decamerone'. E'la prima cornice originale della raccolta delle novelle dn Italia. L'interpretazione degli studiosi e quella di J. H. Potter sotto l'influenza dell'antropologia culturale. Non e del tipo di chinese box nel senso stretto. Il suo merito nella elaborazione di novelle. Liminoid phenominon e liminal space. Il senso dei numeri, 3, 7, 100ecc. Il senso del re. Non e solo il re o la regina della corte di amore. La cornice del 'Pecorone'. La cornice del 'Novelliere' di Sercambi. La scelta di Aluizo come il preposto. Il peregrinaggio e una forma della 'liminal space'. La nomina dell'autore fa nascere una situazione simile alla corte di principi feudali. Cap. 2 Dopo il 'Decamerone', la struttura senza cornice acquista un senso positivo. Cosi, le opere di Sacchetti e di Sermini rifiutano la finzione della cornice e rivolgono lo sguardo alla realta. Cap. 3 Cosi sotto l'influenza di Sacchetti e degli altri, nasce la tendenza a comporre la cornice sopra la base della corte reale. Quella di Giovanni Gherardi, e di Giovanni Sabadino degli Arienti. In questo senso, la cornice di questi sarebbe la piu completa, ma troppo piccola. Il Masuccio invento una nuova forma originale composta dalle dediche agli uomini di corte intorno alla famiglia del re Ferdinando I d'Aragona. Questa non e una semplice cornice, ma almeno una cosa simile. Pensando alla Congiura dei Baroni che, sarebbe scoppiata circa dieci anni dopo, possiamo coggetturare qualche motivo interssante dell'autore, che era un segretario della famiglia principale della Congiura. 4. a. Due correnti del XVI secolo ; dentro la cornice. C'era una gran moda di ritorno alla cornice del 'Decamerone'. Parabosco, Fortini, Forteguerri, Giraldi Cintio, Erizzo, Granucci, Bargagli, Costo, Malespini ecc. I tre principali di questa voga, sono il Firenzuola, il Grazzini e Lo Straparola. Lo studio di Guglielminetti su questa moda. La spiegazione del fenomeno come un risultato dell'influenza di Bembo e della quistione della lingua. Bisognerebbe dare un' altra spiegazione supplementare. Sarebbe efficace la tesi di Mcluhan sull'influenza della tipografia. All'inizio della nuova eta, l'utilita della cornice del 'Decamerone'atrasse e sedusse molti scrittri. Il pericolo del manierismo. 4. b. Due correnti del XVI secolo ; fuori della cornice. C'erano tre tipi. i. Senza cornice come il Morlini. ii. Sotto l'influenza di Masuccio, tenta di comporre qualche facciata fuori di novelle, come l'esempio di Bandello. Nel caso di Bandello, si mette una lunga lettera di dedica che contiene le informazioni preziosi davanti ad ogni novella. L'autore finge di essere solamente un copista della novella narrata dagli altri. La struttura e gli elementi della lettera di dedica. iii. Alcuni esempi dei nuovi tipi della cornice. Le avventure di Doni. La 'Zucca'e i 'Marmi'. La nascita del giornalismo. La traduzione di 'Panchatantra' di Firenzuola. La rinascita del tipo di chinese box, verso la cornice di 'Lo cunto de li cunti'. L'importanza delle considerazioni sui cambiamenti sorti seguenti alla diffusione della tipografia.
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  • Mariko Muramatsu
    Article type: Article
    1990 Volume 40 Pages 70-92
    Published: October 20, 1990
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
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    IL Novellino, raccolta di brevi "novelle antiche", nonostante sia redatto in un semplice stile colloquiale nel volgare della seconda meta del Duecento, e una opera importante nella storia letteraria delle originei. Le cento novelle, compilate da un anonimo fiorentino e tramandate a noi per mezzo di otto codici, purtroppo imperfetti, presentano strutture stilistiche comuni : brevita delle frasi e delle novelle, sintassi paratattica, ricorrenza delle stesse parole. Tutte queste specificita testimoniano la tradizione culturale e le tendenze stilistiche del Duecento. Soprattutto il gusto dell'abbreviatio, tono dominante dell'intera opera, e da rilevare in quanto attesta la persistenza della tradizione medievale dell'exemplum : un locus retorico nell'ars praedicandi sviluppatosi nel tardo Medioevo come genere letterario. Nell'economia dell'opera l'uso della brevita, e di un ricco repertorio di figure retoriche, ottiene un effetto espressivo d'"essenzialita", che rivela grande maturita estetica nel contesto culturale dell' epoca. Nel tardo Medioevo la retorica riacquista la propria importanza nel campo dell'oratoria secolare all'interno della societa comunale, dove il potere delle parole riprende un grande valore politico e letterario. La Rettorica di Brunetto Latini e uno degli esempi piu eloquenti e importanti di questa fase culturale, caratterizzata dal volgarizzamento, nella quale si colloca il Novellino. Entrando nei dettagli, il confronto tra la novella 51 del Novellino e la novella 9 della prima giornata del Decameron serve a mettere a fuoco le caratteristiche dell'opera dugentesca e la tradizione novellistica di cui le due opere sono tappe fondamentali. Si nota anzitutto la differenza di stile : la sintassi paratattica con brevi frasi coordinate del Novellino e la sintassi latineggiante ipotattica del Decameron. Il ritmo del Novellino e vivace per l'abbreviatio e per le diverse figure retoriche : ricorrenza del termine "sofferire", ripetuto ben quattro volte in un cosi breve brano ; rima e assonanza ( "...alla quale...e onta tale..." "...a voi sono gia fatti diecimila disonori...priegovi che voi, ..""...n'e fatto pur uno...il mio uno...") ; endiadi ("Mossesi e andonne..."). In questa cadenza di immediatezza l'interesse dell'autore si concentra sulla parte del discorso diretto, in cui l'uso delle sintesi oppositive di iperboli ben esprime l'ironia ("a voi sono gia fatti dieci mila disonori, e a me n'e fatto pur uno"). Nell'opera del Trecento le tecniche silistiche dugentesche sono abbandonate e diventano importanti, invece, la descrizione della psicologia dei personaggi e la precisazione dell'ambiente e del tempo. "Una guasca"del Novellino viene meglio individualizzata come "una gentil donna di Guascogna", e non manca una dettagliata descrizione temporale ("ne'tempi del primo re di Cipri, dopo il conquisto fatto della Terra Santa da Gottifre di Buglione"). Nel testo boccaccesco questa precisazione della situazione viene seguita dalla descrizione psicologica dell'eroina laddove, nella novella dell'anonimo fiorentino, c'e solo una frase che introduce il bel motto della protagonista. In altre parole, Boccaccio elimina l'anonimato dei personaggi dugenteschi, testimonianza della tradizione dell'exemplum medievale. In quest'ultimo la concezione temporale e spaziale contrasta con la coscieza storica e con l'interesse per la psicologia umana presenti nell'"epopea dei mercatanti".Prima del contributo di S. Battaglia e di V. Russo, basato sullo studio delle figure retoriche, la critica tendeva a confrontare il Novellino con il capolavoro boccaccesco, attribuendo la differenza delle opere all'ingenuita

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  • Eiko M. L. Wakayama
    Article type: Article
    1990 Volume 40 Pages 93-117
    Published: October 20, 1990
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
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    Nell'articolo si esamina l'iconografia del profeta Daniele e della Sibilla Libica e si propone la lettura di tutti i nomi degli antenati di Cristo iscritti nelle lunette ai piedi dei profeti e delle sibille, in connessione con i temi degli affreshi quattrocenteschi sottostanti. Per ragioni di spazio, qui si citano solo alcuni esempi. Il Daniele michelangiolesco, vestito di rosso fiammeggiante, azzurro trasparente, giallo cangiante in verde - combinazione che rammenta la figura allegorica della "Filosofia" raffaellesca nella Stanza della Segnatura, e quindi le doti intellettuali di Daniele -, tiene sulle ginocchia un enorme libro dalla copertina rossa (colore della carita), sorretto da un putto dall'aspetto adulto che rievoca il Cristo portacroce, e sta scrivendo in un piccolo libro posto su un leggio alla sua destra. La figura e protesa in avanti a guardare verso il basso. Nella direzione del suo sguardo sta l'affresco con le "Tentazioni di Cristo" : nella sezione superiore a destra Gesu ritto su uno scoglio scaccia con la mano destra alzata il diavolo che, secondo il Vangelo (Matteo, 4, 8-11), gli aveva offerto tutti i regni del mondo e la gloria se lo avesse adorato. Nello sguardo del profeta e la visione di "uno simile ad un figlio di uomo" a cui venne offerto da un "Vegliardo" "potere eterno, gloria e regno che non sarebbe mai stato distrutto" (Daniele, 7, 13-14). Sopra le "Tentazioni di Cristo" stanno i nomi Iesse, Davide, Salomone ; questi, secondo S. Girolamo, corrispondono rispettivamente a incensum, desiderabilis vel fortis manu e pacificus : tutti riferibili a Gesu e al dipinto delle "Tentazioni". Fortis manu ricorda pure le preghiere di Daniele : "Signore Dio nostro, che hai fatto uscire il tuo popolo dall'Egitto con mano forte..." (9, 15-19). Sopra questi nomi appare il Creatore con la mano destra vigorosa protesa ; il suo indice punta verso il dipinto del "Passaggio del Mar Rosso" : l'intero esercito del Faraone e sommerso dal mare a destra e, sulla riva a sinistra, gli Israeliti cantano : "...la tua destra, Signore, terribile per la potenza, la tua destra, Signore, annienta il nemico..." (Esodo, 15, 6-12). Sopra questa scena stanno i nomi ROboam (latitudo populi) e Abias (Pater dominus). Pur seguendo l'ordine della Genealogia del Vangelo secondo Matteo (1, 1-16), Michelangelo riusci a collegare tutti i nomi saviamente alle scene sottostanti. Sopra il "Ritrovamento di Mose" stavano Abramo (Pater videns populum, che richiama l'Esodo, 3, 7-15), Isacco (risus sive gaudium che si ricollega con la madre di Mose), Giacobbe (supplantator : Mose che vincera i maghi dell'Egitto) e Giuda (confitens, glorificans) ; sopra la "Nativita" stavano i nomi Fares (dividit), Esrom (atrium) ed Aram (excelsus) : "l'eccelso che divide l'atrio" e la luce che "e venuta nel mondo" (Giovanni, 3, 19-21) "a dividere il figlio dal padre..." (Matteo, 10, 34-35). Aminadab (populus meus voluntarius, il popolo di Dio che osserva l'alleanza con Dio nell'osservanza della circonsisione (Genesi, 17, 9-16) sta sopra la "Circoncisione del figlio di Mose". Nasson (serpens eorum) sta sopra il "Battesimo di Cristo" e accanto al pennacchio col "Serpente di bronzo" ; quest'ultimo riguarda Mose ma e collocato sopra le "Storie di Gesu" perche, come il Libro della Sapienza (16, 5-8) ed il Vangelo secondo Giovanni (3, 17-18) chiariscono, il vero serpens eorum non e il serpente di bronzo bensi Gesu. Sospra il "Battesimo" e assisa la Libica bionda dalle vesti luminosissime che si e tolta una veste verde (colore della speranza), come a indicare che la sua speranza si e compiuta ; volgendosi guarda Gesu battezzato ; alla Libica e infatti riferito

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  • Hiroshi Ishihara
    Article type: Article
    1990 Volume 40 Pages 118-144
    Published: October 20, 1990
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
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    Come e noto, il pellicano che nutre i suoi piccoli con lo stesso sangue puntando il becco sul petto, e simbolo del Cristo crocifisso in atto di redimere l'umanita. L'iconografia del "Pellicano sulla Croce" si riferisce a questo pellicano simbolico rapprsentato in cima alla croce del Cristo crocifisso delle crocifissioni, dei crocifissi e nelle illustrazioni del "Lignum Vitae" di San Bonaventura. Nonostante che nei crosifissi croce dipinta) e nelle crocifissioni del trecento italiano questo simbolo fosse stato raffigurato spesso, non se ne ritrova riscontro prima di quest'epoca, come sostiene anche E. Sandberg-Vavala. In altri paesi oltramontani, il pellicano sulla croce lo troviamo gia alla fine del duecento. Il pellicano allegorico di Gesu Cristo ha una lunga storia nell'occidente cristiano. In "Physiologus", scritto probabilmente nella seconda meta del II sec. ad Alessandria, si parla per la prima volta della somiglianza fra il pellicano e il Cristo. II "Physiologus" godeva di vasta popolarita e fu utilizzato per molto tempo da vari "Bestiari" medioevali. In quasi tutti i "Bestiari" questo uccello simboleggiava il Cristo che si e sacrificato sulla croce. Dunque nell'arte figurativa, il nostro pellicano e stato rappresentato come simbolo del Cristo da solo oppure accompagnato ad altre figure simboliche della Passione e della Risurrezione. Questi pellicani avevano il nido sull'albero della vita, cioe sul "Lignum Vitae". Questo opuscolo ascetico di San Bonaventura, fu scritto forse a Parigi fra il 1257 e la sua morte (1274). Il "Lignum Vitae" di Darmsttadt (ca. 1290), e la "Crocifissione" della biblioteca Morgan a New York (ca. 1275) seguno il testo di San Bonaventura, in ambedue sulla cima della croce compare il pellicano. Tant'e vero che anche in Italia il piu antico pellicano sulla croce e stato dipinto nella raffigurazione del "Lignuma Vitae" nel 1301 (biblioteca Augusta a Perugia), anche se il pellicano non viene nominato nel testo in cui si parla della "colomba che fa il nido". Perche la colomba fu sostituita con il pelicano? Questo passaggio e spiegabile in quanto esisteva gia una lunga traduzione, come vediamo nel "Physiologus" e nel "Bestiario", nella quale si paragonava il pellicano al Cristo. Il pellicano nel "Lignum Vitae" sarebbe apparso prima in Francia perche il testo fu scritto in Francia e da li si sarebbe poi diffuso in Europa. Secondo me il pellicano sarebbe passato in Italia attrverso l'arte gotica oltremontana. Infatti nel transetto nord della Basilica di San Francesco in Assisi, lavorava una maestranza oltremontana ed e probabile che tra le varie novita del linguaggio figurativo abbia introdotto anche questa. R. Longhi aveva gia intuito l'importanza della cultura gotica di Luigi IX di Francia ad Assisi, istituendo un rapporto tra gli affreschi oltremontani del suddetto transetto e minature come il "Salterio di Isabella" nel Fitzwilliam Museum di Cambridge. San Bonaventura, francescano e Generale di quell' ordine, scrisse "Leggenda Major", una vita di San Francesco, in cui sottolinea la somiglianza di San Francesco con il Cristo. San Francesco, tramite le stigmate, simbolo della passione del Cristo, si avvicina al simbologismo del pellicano che rappresenta esso stesso il Cristo immolato per l'umanita. Inoltre Bonaventura definisce San Francesco "il povero nel deserto". In un salmo di Davide troviamo questa profezia che poi verra riferita al Cristo : "Similis factus sum pellicano in solitudinis". Ecco perche nell'albero della croce di Pacino di Bonaguida e di Taddeo Gaddi troviamo rappresentati insieme il pellicano e San Francesco. Il primo in alto il secondo ai piedi. Nell'arte italiana, il pellicano sulla croce

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  • Motomi Tsugami
    Article type: Article
    1990 Volume 40 Pages 145-178
    Published: October 20, 1990
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
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    I madrigali italiani del Cinquecento, musica polifonica vocale profana, si diffusero largamente sotto forma stampata, non solo in Italia ma anche nei paesi transalpini. Particolarmente negli anni ottanta del Cinquecento si cominciarono a pubblicare delle antologie di musica italiana nelle grandi citta del Nord dell' Europa : dapprima ad Anversa, e poco dopo a Londra e in alcune citta tedesche. Pero fino ad adesso soltanto le antologie pubblicate in Inghilterra (5 volumi, tutti tradotti in inglese) sono meglio conosciute e esaminate. La situazione in Germania e piu complicata. Le antologie di musica italiana vocale profana pubblicate in questo paese possono dividersi in tre categorie : 1) antologie in italiano (6 volumi), 2) antologie tradotte dall'italiano in tedesco (5 volumi), 3) antologie che trasformano i testi italiani di carattere profano in testi latini o tedeschi di carattere devozionale (7 volumi). Qui ho esaminato cinque volumi del primo gruppo, perche il primo, Sdegnosi ardori [RISM 1585-17], raccoglie madrigali di compositori vissuti a Monaco, che hanno musicato lo stesso testo. I cinque volumi esaminati sono : (1) Gemma musicalis, liber primus (1588) [RISM 1588-21], (2) Gemma musicalis, liber secundus (1589) [RISM 1589-8], (3) Gemma musicalis, liber tertius (1590) [RISM 1590-20], ed. F. Lindner (Nurnberg, C. Gerlach). (4) Fiori del giardino (1597) [RISM 1597-13], (5) Fiori del giardino, seconda parte (1604) [RISM 1604-12] [ed. P. Kaufmann?] (Nurnberg, P. Kaufmann). Per chiarire la struttura e il carattere di queste antologie, le ho analizzate 1) come un anello della catena della diffusione internazionale della musica italiana, 2) come specchio del gusto musicale della Germania fra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo. I volumi (1) (82 parti) e (2) (88 parti) hanno fondamentalmente una struttura simile, e privilegiano (nel numero e nell'ordine delle opere presentate) i madrigali per due cori di Andrea e Giovanni Gabrieli, compositori rappresentativi della scuola musicale veneta, molto famosi nella Germnia meridionale, e i madrigali a cinque e sei voci di Luca Marenzio, grandissimo e celeberrimo compositore di questo genere di musica. Invece il volume (3) (63 parti) e caratterizzato dalla presenza preponderante di opere di compositori attivi a Mantova, quali Giaches de Wert, Benedetto Pallavicino, Giovanni G. Gastoldi, e Annibale Coma. Il vclume 4 (58 parti) presenta ancora tendenze simili a quelle dei volumi (1) e (2), ma presta attenzione anche alla nuova generazione di compositori come Claudio Monteverdi e Hans Leo Hassler, allievo tedesco di A. Gabrieli. L'ultimo volume (46 parti) e una collezione di opere di compositori minori, di qualita inferiore ai quattro volumi precedenti. Inoltre ho preso in considerazione alcune opere a stampa, che penso costituiscano le fonti di queste antologie tedesche. Esse furono compilate principalmente a partire da opere gia pubblicate, ma non furono semplici ristampe o centoni, come tante opere a stampa pubblicate ad Anversa dopo il 1600 circa. Quente antologie riflettono la situazione musicale di quell'epoca in Germania. La poverta del volume 5 e dovuta probabilmente, oltre alla minore capacita musicale dell'editore, al cambiamento delle richieste generali, orientate verso le monografie, un cambiamento preparato dalla pubblicazione di queste antologie. L'importanza delle antologie in generale comunque comincio a diminuire gia verso il 1600.
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  • Juri Waguri
    Article type: Article
    1990 Volume 40 Pages 179-204
    Published: October 20, 1990
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
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    Venezia conobbe il maggior peiodo di transizione nei secoli XVI e XVII, cioe la vicenda da una grande potenza mercantile a una metropoli culturale Europea. Questa ha colto l'interesse dei storici, ma le ricerche sono state concentrate sulle vicissitudini dramatiche della economica veneziana, lasciando quasi non toccato perche negli stessi secoli le arti fiorirono a Venezia. Cerco qua di getter luce su questo problema, con la domanda : perche i veneziani cominciarono a spendere molto denaro in opere d'arte e da dove veniva il denaro? Quelli che commissionavano pitture ed edifici del Rinascimento veneziano nel secolo XVI erano principalmente i ' maggior' nobili. La maggior parte di loro erano diventati proprietari fondiari, mentre abbandonarono il commercio prima della meta del secolo XVI. La gestione fondiaria che esigeva di gran lunga meno reinvestimento di commerci gli permetteva di vivere nel lusso. Inoltre i proprietrari nobili si misero a ostentare la loro ricchezza e il loro alto rango, in parte compensando il prestigio declinante di Venezia quale grande potenza del mondo. Nella seconda meta del secolo XVI si verifico un drastico aumento dell'acquisto dei terreni dovuto alla scarsita di alimenti e alle crescenti difficolta commerciali, due fattori che resero gli investimenti fondiari molto lucrosi. La maggior parte del patriziato e cittadini ricchi erano diventati proprietari fondiari prima del'inizio del secolo seguente. Ricavavano non poca rendita dai loro possedimenti e la spendevano per conspicuous consumption, dando impieghi e assicurando alto livello salariale ai popolani, e i popolani si misero a vivere nel lusso a loro modo. Cosi una consumer society face la propria comparsa a Venezia, dove anche le arti e divertimenti diventarono merci. In tali condiziosi, le arti popolari come teatro ed opera si svilupparono nel secolo XVII. Si puo dire che e il carbiamento avvenuto fra i veneziani da mercanti a proprietari fondiari che fece prosperare le arti a Venezia.
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  • Noriaki Matsumoto
    Article type: Article
    1990 Volume 40 Pages 205-226
    Published: October 20, 1990
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
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    La repubblica fiorentina si trasformo nel principato dopo aver passato una crisi istituzionale nel periodo che va dall'invasione francese del 1494 all'assedio delle truppe spagnole del 1530. Il principato nascente miro a una monarchia assoluta inserendosi nell'onda dell'assolutismo europeo. In questo saggio analizzero il processo di formazione della monarchia assoluta medicea e la sua struttura politica prestando attenzione alla tradizione e all'innovazione, ossia alla continuita e discontinuita del regime politico e del ceto dirigente nel periodo del trapasso dalla repubblica al principato. Il Senato dei 48 e il Consiglio dei 200, creati nel corso della riforma del 27 Aprile 1532, hanno una maggiore autorita nel regime alessandriano. Tutti i membri di questi due consigli erano patrizi che formavano il ceto dirigente della repubblica. Il regime alessandriano era quindi una specie di oligarchia aristocratica. Da Cosimo I, successo ad Alessandro nel 1537, comincia la costruzione della vera e propria monarchia assoluta. La vittoria della battaglia di Montemurlo (1537) e la morte di Francesco Guicciardini (1540) sono due vicende simboliche che mettono in luce la caduta del patriziato, possibile rivale del principe. Negli anni '40, inoltre, Cosimo crea nuovi organi-Auditori, Pratica Segreta, ecc.-con cui centralizza il potere. Al vertice dei nuovi organi di governo sono assurti personaggi non appartenenti al patriziato, e addirittura non fiorentini, come Lelio Torelli da Fano e Iacopo Polverini da Prato. Sotto di loro emerge la nuova burocrazia. La burocrazia fiorentina dell'anno 1551 e composta da incarichi a rotazione, magistrati, che dispongono di 142 posti, e da incarichi a vita, funzionari, che dispongono di 218 posti. I primi riguardano vecchi uffici dell'eta repubblicana, come le magistrature degli Otto di Pratica e Otto di Guardia e Balia ecc., che sopravvivono alla riforma del 1532. I secondi riguardano nuovi uffici, come auditori e segretari, che aumentano di numero ed importanza sotto il regno di Cosimo I. I patrizi fiorentini occupano il 75% degli uffici a rotazione, mentre i personaggi "nuovi", non patrizi e non fiorentini, occupano il 63% degli uffici a vita. Per quanto riguarda i consigli ad alto livello, ossia la parte vitale della burocrazia, tutti i membri a rotazione sono patrizi fiorentini, mentre quelli a vita sono non patrizi e non fiorentini. Tra gli uffici a vita, quelli occupati da giuristi e notai sono il 33%. La maggior parte dei giuristi e notai negli uffici sono non patrizi e non fiorentini laureati in giurisprudenza all'Universita di Pisa. Cosimo I affida loro sempre posti importanti. Nel periodo di formazione della monarchia assoluta fu necessario fiaccare la potenza dei patrizi, possibile rivale di quella del principe, e utilizzare gente di provincia come funzionari per stabilire il potere del principe assoluto che cosi fu in condizione di governare tutto il dominio.
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  • Shiro Abe
    Article type: Article
    1990 Volume 40 Pages 227-242
    Published: October 20, 1990
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
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    Il periodo storico, che conclude con L'illuminismo, il crollo di Napolenoe e il subito ritorno della Restaurazione offre un paesaggio letterario assai complicato e dramatizzato. E ben tenere presente questa clima della precedente storia per comprendere precisamente la polemica romantica. Per esempio, Ugo Foscolo, lo scrittore di Ultime lettere di Jacopo Ortis uno degli incunaboli romantici, era in colmo dei sensi nuovi e romantici, ma tenne l'inclinazione verso il classicismo. Non sarebbe esagerante di dire che la posizione di Foscolo si situa Romanticismo e Classicismo. Si direbbe anche lo stesso per quanto alla posizione di Madame de Stael, che e romantica molto conosciuoa, Giordani, compilatore di Biblioteca italiana e classicista. L'ultimo l'esorto di scrivere un articolo alla sua classica rivista Bibliooeca itatiana. L'accordo, sebbene la distinzione precisa d'ideologia, che univa due scrittori sembra lacerare l'atmosfera stagnante di Restaurazione dopo il crollo di Napoleone. In seguito a un articolo della Madame de Stael apparso sul fascicolo di gennaio della Biblioteca italiana la polemica romantica ebbe inizio in Italia. Il Giordani non aveva previsto quali conseguenza gravissima fosse destinato a provocare l'articolo della Stael. Non pensava che dovesse costituiire l'occasione tempestiva per un riesame della cultura italiana, tradizionalmente classicistica e retorica. L'articolo della Stael si presentava come una traduzione sui modi del tradurre, pero allargandosi e congruendosi dei motivi molti e diversi risultava che rimproverava a molti scrittori italiani, specialmente evocava le reazioni clamorosi dei classici a causa l'attacco verso l'imitazione dei classici, Greci e latine. Stael consigliava di fare proprio il piu aperto paesaggio delle moderne letterature europee. I letterati italiani si divisero in romantici e antiromantici o classici. La polemica divenne un fatto di letterature assorbendo in se preoccupazione politiche e spunti sociali, in somma risorgimentale. I rappresentanti dei romantici sono i critici giovani e militanti raccolti attorno al Conciliatore. Ludovico di Breme, il Borsieri e Berchet ecc. Se l'articolo della Stael evocava solo l'anelito di romanticismo il Romanticismo italiano non pareva avere la differenza specifica tra quelli nordichi. In questo punto rientrano le considerazioni sociologiche di Berchet. I principi che Berchet insisteva erano la letteratura popolare e quella subordinata a questo scopo e emanipatasi da ogni regola. In questo modo romanticismo includendo i popoli maggiori di une nazione era non piu la denominazione di una scuola o di un gruppo, ma divenne risorgimentale.
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  • Article type: Bibliography
    1990 Volume 40 Pages 243-262
    Published: October 20, 1990
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
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  • Article type: Appendix
    1990 Volume 40 Pages 263-
    Published: October 20, 1990
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
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  • Article type: Appendix
    1990 Volume 40 Pages 264-271
    Published: October 20, 1990
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
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  • Article type: Appendix
    1990 Volume 40 Pages 272-275
    Published: October 20, 1990
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
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  • Article type: Appendix
    1990 Volume 40 Pages 276-
    Published: October 20, 1990
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
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  • Article type: Cover
    1990 Volume 40 Pages Cover3-
    Published: October 20, 1990
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
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  • Article type: Cover
    1990 Volume 40 Pages Cover4-
    Published: October 20, 1990
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
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