Studi Italici
Online ISSN : 2424-1547
Print ISSN : 0387-2947
ISSN-L : 0387-2947
Volume 49
Displaying 1-50 of 51 articles from this issue
  • Article type: Cover
    1999 Volume 49 Pages Cover1-
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (41K)
  • Article type: Cover
    1999 Volume 49 Pages Cover2-
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (41K)
  • M. Muramatsu
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 1-35
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS

    Il Novellino, opera che gode di un indiscusso primato nella storia della letteratura novellistica italiana, presenta questioni filologiche circa la genesi e la stesura del testo ancora tanto aperte da averne sinora ostacolato un'edizione critica definitiva. La questione dei codici innanzitutto: i pochi superstiti si dividono in due rami marcatamente diversi. Il primo e rappresentato dal manoscritto piu antico, il duecentesco: convenzionalmente siglato dai filologi come Pan 1 costituisce la parte iniziale del codice Panciatichiano-Palatino 32 (gia 138). Il secondo e rappresentato dai codici cinquecenteschi, unici "integrali" di cento novelle: il manoscritto Vaticano latino 3214 (V) e la prima edizione a stampa del 1525 curata da Carlo Gualteruzzi (Gz). Su queste due tradizioni sono costruite le principali edizioni moderne, in cui le novelle con il codice piu antico sono prevalentemente storiche (molte hanno il sapore del genere medievale exemplum), mentre quelle verso la fine della raccolta descrivono il mondo comunale ormai preboccaccesco. Nel presente lavoro vengono analizzati alcuni fenomeni ricorrenti e caratteristici emersi dall'esame delle divergenze lessicali e sintattiche, nonche dalle variazioni descrittive, osservate attraverso il confronto stilistico delle varianti tra Pan 1 e V Gz condotto sulle due edizioni a stampa (Le novelle antiche dei codici Panciatichiano-Palatino 138 e Laurenziano-Gaddiano 193, a cura di G. Biagi, Firenze, 1880 e Il Novellino, in La prosa del Duecento, a cura di C. Segre e M. Marti, Milano-Napoli, 1959). Attraverso quest'indagine si sono evidenziate le differenti tendenze stilistiche riscontrabili nelle due redazioni principali del Novellino. Il codice duecentesco presenta come peculiarita un certo gusto della ridondanza - che si osserva in particolare negli stilemi dittologici e binari quali le endiadi dei verba dicendi -, congiunta a una spiccata predilezione per le strutture paratattiche, sovente ampollose oppure imperniate su descrizioni circostanziali ridondanti. Elementi tipici della variante cinquecentesca sono invece la propensione ad accelerare il ritmo della narrazione, eliminando le parti superflue mediante l'economia lessicale e la scelta di una sintassi concisa e razionale, che riassume o accenna soltanto le circostanze spaziotemporali - evitando pertanto di specificare di continuo e in maniera dettagliata -, e fa ricorso talvolta a varie figure espressive efficaci a evidenziarne l'acme narrativo e a porre in risalto il momento conclusivo della vicenda. Ci si trova dunque di fronte a due stili piuttosto diversi, che ripropongono a un livello ancora piu evidente la vexata quaestio della formazione del testo: quali sono gli elementi alla radice di cosi nette divergenze di stile? In parte le differenze possono essere attribuite allo stile dei due rispettivi subarchetipi, in parte possono essere una conseguenza dell'intervento del rimaneggiatore cinquecentesco da cui dipendono i testi di V e Gz. La seconda ipotesi, gia proposta dai recenti studi di Cesare Segre e Alberto Conte in preparazione di una nuova edizione critica dell'opera, risulta verosimilmente confermata anche attraverso il confronto delle varianti tra V Gz e Pan 2, codice memo antico di Pan 1, che tramanda le novelle assenti in Pan 1 e nello stesso Panciatichiano-Palatino 32. Tale analisi stilistica sia del livello lessico-sintattico sia delle differenze descrittive ripropone infatti l'immagine di V Gz quale testo maggiormente attento alla semplicita e alla rapidita. Sulla base delle riflessioni sviluppate in merito alle discrepanze stilistiche e contenutistiche tra i vari codici, appare dunque sempre meno criticabile l'idea di una poligenesi, gradualmente operatasi nel tempo come conseguenza degli sforzi dei copisti di antologizzare i racconti senza fornire una struttura portante del tipo della cornice

    (View PDF for the rest of the abstract.)

    Download PDF (1715K)
  • M. Fujitani
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 36-64
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS

    Nell'articolo su Purg. XV (in "Studi Italici", vol. XL, 1990), si cerco di dimostrare che l'espressione retorica dell'ora all'inizio del canto non e solo una circonlocuzione astronomica, ma che e composta secondo una struttura identica alla legge ottica della riflessione sullo specchio indicata nei versi successivi, e che le posizioni del Sole e del poeta viator in quel momento corrispondono all'intero itinerario della Commedia in una forma che ricalca il fenomeno della riflessione. Nei versi successivi, relativi all'invidia, continuano pero ad essere usate espressioni e vocaboli che fanno parte del campo semantico della riflessione della luce. Finora gli studiosi hanno interpretato questo canto come didascalico, considerando i fenomeni ottici privi di rapporto con la materia dell'invidia, tuttavia questa interpretazione non e coerente con la spiegazione della dottrina sull'invidia e sull'ottica. Infatti, sviluppando i risultati acquisiti nell'articolo precedente, sembra possibile dimostrare che Dante intende descrivere l'invidia - dal punto di vista teologico - attraverso le proprieta ottiche della riflessione. In altre parole, procedendo dal chiarimento dei sensi letterali e metaforici trattati in precedenza, in questo lavoro si tenta di spiegarne i sensi morali e mistici. Quanto si propone qui e che la struttura della riflessione sia identica a quella psicologica della misericordia, concetto opposto all'invidia. Questa infatti produce un rapporto asimmetrico in cui si riceve gioia dal male e tristezza dal bene altrui, la misericordia invece, ricevendo gioia dal bene e tristezza dal male altrui, fonda un rapporto simmetrico. L'equivalenza geometrica che nasce dalla misericordia (compassione) esprime a livello teologico lo stesso rapporto di uguaglianza fra gli angoli d'incidenza e di riflessione della luce: l'invidia porta al mantenimento dei beni terreni solo per se stessi, mentre la misericordia e condivisione e restituzione di gioia. Trasponendo questa visione sul piano fisico dell'ottica, si ottiene una corrispondenza con la riflessione in proporzione diretta all'intensita del raggio d'incidenza. Nel caso dell'invidia, quante piu sono le persone che ambiscono a possedere un bene terreno, minore e la quantita che spetta a ciascuno, si tratta percio di un rapporto inversamente proporzionale. Per la misericordia invece, come negli specchi illuminati dalla fonte della luce infinita, per quanto aumenti il numero degli specchi, la parte ricevuta da ciascuno non diminuisce, anzi, quanto piu intenso e il desiderio (amore) del possesso del bene celeste (cioe tanto piu forte il raggio d'incidenza) e quanto piu numerosi sono gli specchi (i partecipanti), maggiore e la quantita di luce che tutti gli specchi ricevono. Il fenomeno equivalente a questa legge celeste si puo sperimentare sulla terra nelle caratteristiche ottiche della riflessione sullo specchio. Quello che il viator Dante deve imparare al punto di svolta a meta della Commedia e cosi suggerito dalla riflessione dello specchio modellata sulla ratio celeste. Per cosi dire, la riflessione e l'ispirazione che attira verso il cielo l'anima vincolata alla terra ed e la lingua della luce impiegata da Dio. Il luogo in cui si trova il viator Dante e il punto centrale dell'intero itinerario e al tempo stesso e il punto di partenza della riflessione che puo realizzarsi solo dopo aver superato l'invidia. Questa prospettiva offre una conferma che parole ed espressioni relative all'invidia nei canti XIII, XIV e XV convergono nel campo semantico dei principi della riflessione. La parte finale di questo studio e dedicata alle fonti a cui Dante avrebbe attinto questa idea. L'ipotesi e che Dante, all'interno della tradizione medievale che interpretava la luce in chiave teologica, avrebbe

    (View PDF for the rest of the abstract.)

    Download PDF (1861K)
  • M. Ueno
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 65-90
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS

    Il Paradiso Terrestre (che indichero con P.T.), sulla vetta del monte Purgatorio, data la ricchezza della sua simbologia e delle idee basate sulla teologia cristiana, e uno dei punti della "Commedia" di cui e piu difficile dare interpretazioni univoche. Lo schema dantesco ci suggerisce una divisione della vetta in tre parti. La prima, "Ante-Paradiso Terrestre", dove Virgilio annuncia a Dante che il suo libero arbitrio e "diritto e sano". La seconda, dall'ingresso del P.T. al Lete, nella quale, gia dall'altra riva il cammino di Dante e guidato da Matelda, anche se il poeta continua ad essere accompagnato da Virgilio. La terza, l'oltre Lete, chiamato "beata riva". Dante entra nel P.T. ormai con la ragione umana perfetta. Di conseguenza, a questa seconda parte e possibile accedere con la ragione umana, con la partecipazione pero di Matelda, la nuova guida, che lo conduce fino alla "beata riva", di impossibile accesso con la semplice ragione umana. Cio ci suggerisce che Matelda partecipa di qualcosa di superiore alla ragione umana, cioe della grazia divina. Pertanto, sarebbe possibile affermare che il P.T. e un luogo dove la grazia divina puo, pienamente operare sulla ragione umana. Cristo e la fonte di ogni grazia divina, conferita ai fedeli -come dice S. Tommaso- nel sacramento della chiesa. La chiesa conduce alla vita eterna, pero, la chiesa terrena, essendo guidata dall'umana ragione, non puo essere perfetta, mentre quella in grado di condurre Dante nel P.T. dovra essere infallibile. Al centro della struttura dell'opera vi e l'idea di Gerusalemme. L'Inferno si situa sotto la Gerusalemme terrena, il Paradiso e la Gerusalemme Celeste. Il P.T. si trova a meta strada verso la Gerusalemme Celeste. A proposito del termine "Gerusalemme", questo viene spesso inteso come il luogo nel quale vi e il tempio-chiesa. Il tempio della Gerusalemme terrena proietta il suo topos, il tempio celeste, solo in un modo imperfetto. La discesa di Beatrice nel P.T. allude alla Nuova Gerusalemme che discende dal cielo secondo l'Apocalisse, la cui descrizione ha grande somiglianza con il P.T. dantesco. Il tempio della Nuova Gerusalemme e invisibile, dato che Cristo stesso e il tempio. Supposto che vi sia un tempio nel P.T., questo sara la proiezione perfetta di quello celeste, il suo topos. Le tre parti considerate corrispondono alle tre suddivisioni del tempio, secondo San Tommaso; la prima corrisponde all'atrium, la seconda al sancta, la terza al sancta sanctorum. Applicando questa suddivisione al P.T., si spiega l'accompagnamento di Virgilio e Stazio. Questi, un cristiano, e in grado di accedere alla terza parte, perche il velo che divide il sancta sanctorum dal sancta viene strappato alla morte di Cristo; invece Virgilio, un uomo appartenente all'era dell'Antico Testamento, non va oltre il sancta. Al centro del tempio vi e l'altare, mentre il centro del P.T. e il punto della apparizione di Beatrice. Sia l'unico verso dell'opera dove appare il nome di "Dante", che quello in cui Beatrice si presenta, si trovano in posizione calcolatissima con riferimento ai numeri "3" e "9", secondo il procedimento di calcolo del "Numero Sacro". Ipotizzo, dunque che il P.T. sia una allusione al tempio dove si effettua il rito, il cui centro e il punto della discesa di Beatrice. Il rito fondamentale del Cristianesimo e la Messa. La meta di Dante sulla vetta e la preparazione per la salita in cielo con il corpo mortale. A Dante, la cui ragione e perfetta, e ancora indispensabile la purificazione dal peccato originale. Il Salmo 31 cantato da Matelda viene usato come "Canto d'ingresso" nella Messa, che esprime l'intenzione della celebrazione. In esso viene espresso il "perdono del peccato" e la "conciliazione con

    (View PDF for the rest of the abstract.)

    Download PDF (1609K)
  • K. Amano
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 91-114
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Come ho gia dimostrato nel mio precedente articolo pubblicato sul N.48 di STUDI ITALICI, l'altra additione, preannunciata dall'Ariosto nella famosa lettera del 15 gennaio 1532 indirizzata al duca di Mantova, non si riferiva ad un eventuale progetto di ampliamento dell'Orlando Furioso nell'edizione successiva a quella cosidetta C, come ipotizzavano Carducci e Catalano, ma bensi all'ed.C stessa. E inoltre, con l'altra addizione il poeta non intendeva ne i Cinque Canti come penso Carducci, ne l'episodio di Ruggero e Leone come ha suggerito recentemente Casadei, ma probabiltmente alludeva ad alcune stanze encomiastiche dedicate ai principi contemporanei. In questo caso, pero, non si puo spiegare la differenza di 300 stanze che si trova tra le da quattrocento stanze che Ariosto nella lettera al duca dichiara di aver gia aggiunto e le ben 700 stanze effettivamente aggiunte nell'ed.C. E necessario, quindi, trovare un'altra soluzione a quest'enigma che, a mio avviso, si puo risolvere solo ipotizzando che Ariosto, prima di scrivere la lettera in questione, avesse intenzione di abbandonare alcuni episodi gia composti. In realta, questi episodi poi sono stati ripresi dal poeta nell'ed.C. Ma quali sarebbero, allora, gli episodi prima abbandonati e poi ripresi? Con ogni probabilita sono l'episodio della Rocca di Tristano e quello di Marganorre, i quali comprendono diverse stanze encomiastiche, che vanno datate nel periodo successivo all'incontro del poeta con Alfonso d'Avalos, avvenuto nell'ottobre del 1531. Insomma, l'altra addizione erano proprio queste stanze che corrispondono soprattutto all'ampliamento degli affreschi di Merlino lasciati nella Rocca di Tristano (Canto XXXIII), e all'esordio dell'episodio di Marganorre (Canto XXXVII). E cio che Ariosto indicava con quelle da quattrocento stanze, invece, erano gli altri due episodi rimanenti; cioe l'episodio di Olimpia e quello di Ruggero e Leone. Le stanze che composte dopo il 15 gennaio 1532, quindi, sono al massimo alcune decine. Ma questo lavoro, essendo strettamente collegato alla ripresa dei due episodi prima abbandonati, ha creato spesso nella mente degli studiosi moderni un miraggio del 300 stanze in eccedenza.
    Download PDF (1403K)
  • Y. Murase
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 115-140
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Nella Gerusalemme conquistata il Tasso elimina deliberamente alcuni episodi della Gerusalemme liberata, come quello che descrive l'amore e il martirio di Sofronia e Olindo (II) o quello della conciliazione fra Armida e Rinaldo (XX). Partendo dall'eliminazione di questi due episodi, cerchero con questo articolo di mettere in evidenza la relazione tra l'ideologia del periodo storico in questione e l'attivita creativa del Tasso. Dalla lettura di alcune delle Lettere poetiche che l'autore invio ai revisori romani a proposito della Gerusalemme si evince che la scelta di togliere i suddetti episodi fu determinata da due criteri: uno etico, tendente a sopprimere gli elementi voluttuosi, e uno poetico, che mira invece a salvaguardare l'unita della trama eliminando gli episodi non organicamente connessi alla storia. Se il criterio etico riflette con chiarezza il rigore ideologico dell'epoca tridentina, quello poetico si puo ricollegare alla situazione sociale del tardo Cinquecento. Il presente articolo si incentra sul delicato rapporto tra l'unita poetica e ideologica del Tasso. Nella prima parte, attraverso lo spoglio delle Lettere poetiche viene messa in luce l'esistenza dei suddetti criteri; nella seconda parte si traccia l'opposizione storica tra l'unita poetica e la pluralita di trame ("favole") nell'epica classica e nel romanzo cavalleresco del Cinquecento; nella terza parte si illustra il metodo usato dal Tasso per non perdere l'unita di trama nonostante la pluralita degli episodi, analizzando al contempo i contenuti dei singoli racconti e chiarendo la sovrapposizione delle due norme. Nella parte conclusiva verra invece preso in considerazione il rapporto tra l'unita poetica e il potere religioso, visto questa volta il concetto di "gravita".
    Download PDF (1567K)
  • K. Mawatari
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 141-163
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Per un centinaio di anni si e creduto che l'Entree d'Espagne, una canzone di gesta franco-italiana contenuta nel manoscritto V21 della Biblioteca Marciana a Venezia, fosse opera, esclusi gli ultimi 131 versi, di un anonimo autore padovano. Come giustificare allora i molti errori e le chiare contraddizioni registrati all'interno della Chanson stessa? Nonostante il presunto autore sostenga ripetutamente di essersi ispirato alla Cronaca di Turpin, un semplice confronto dei due testi rivela come la Chanson non sempre si uniformi al contenuto dell'opera dell'arcivescovo di Reims, contemporaneo di Carlo Magno. In questo articolo esaminiamo le possibili fonti relative alla nascita della Chanson e in base ai risultati ottenuti, tentiamo di desumere le modalita di produzione del manoscritto. Nel primo capitolo del presente lavoro si dimostrera come nel corso del Basso Medioevo il francese fosse diffuso nell'Italia settentrionale non solo nella produzione letteraria ma anche come lingua semiufficiale. Nel secondo capitolo si descriveranno i materiali esistenti che riguardano il manoscritto V21. Nel terzo e quarto capitolo si eseguira un confronto diretto tra l'Entree d'Espagne e la Cronaca di Turpin, individuando non solo i punti di divergenza ma evidenziando anche il fatto che gli elementi topografici presenti nella Cronaca non vengono mai uniti con quelli di diversa provenienza. Nell'ultimo capitolo si ipotizza che il manoscritto non sia opera di un unico autore ma il risultato finale del lavoro di differenti poeti che hanno attinto da diverse fonti di ispirazione.
    Download PDF (1402K)
  • Y. Aoki
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 164-191
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    ll pensiero linguistico di Dante e caratterizzato, innanzi tutto, da una impostazione teorica in cui il latino e il volgare si oppongono. Pur essendo fondamentale nella sua teoria, questa opposizione non e storicamente sempre rigida, come cerchero di dimostrare in questo mio lavoro. Infatti, anche nella tessitura stilistica che vediamo nelle opere volgari di Dante, si intravede subito la ricchezza, sia lessicale che morfologica, dei vari dialetti italiani a lui contemporanei, e si palesa la sensibilita del Poeta per le varianti linguistiche. Si tratta di un contrasto che non si limita ad essere un contatto tra le due lingue, ma che comprende anche un contatto tra diversi mondi culturali, cioe tra le diverse esperienze letterarie del Sommo Poeta. Per approfondire i punti suggeriti sopra, esamino l'idea di latino e quella di volgare nel Convivio e soprattutto nel De vulgari eloquentia, notando che c'e una certa differenza tra queste due opere cronologicamente parallele. Nel Convivio, la lingua volgare, oltre ad essere "la lingua di si" che e un concetto a base linguistica, e anche la lingua degli "illitterati", concetto questo a base storico-sociologica. Invece, nel De vulgari eloquentia, il volgare e addirittura "lingua materna", sebbene la sua forma sia smarrita nella selva dei dialetti italiani. Per quanto riguarda il latino, le due opere presentano aspetti diversi. Mentre nel Convivio "latino" sta ad indicare la lingua latina, nel De vulgari eloquentia Dante usa il termine "gramatica" che indica si la lingua latina, ma potrebbe anche indicare una delle sette arti liberali, una disciplina. Considerata tale discrepanza linguistica, tra le opere e a volte fin dentro i singoli trattati, possiamo dire che l'opposizione tra le due lingue non e netta ma piena di sfumature. Non e sempre facile capire bene le quattro caratteristiche del "volgare illustre" ("illustris", "cardinalis", "aulicus", "curialis") del De vulgari eloquentia (capitoli 16-19 del primo libro), senza un'interpretazione approfondita. Soprattutto la quarta "curialis" e il punto su cui si carica la piu forte tensione. Analizzando la modalita retorica dei brani considerati, credo di aver dimostrato la possibilita di una lettura piu chiara nonche la possibilta di una pluralita interpretativa. In breve, l'aggettivo "curialis" non e derivato da sostantivi come "curialitas" o "curia"', si tratta bensi di una figura etimologica aggiunta dopo per dare l'apparenza di una trattatistica. Questa mia e una mera ipotesi, che pero ha almeno un vantaggio, che e quello di permettere di capire meglio la differenza tra curiale e aulico. Con questo tipo di analisi, credo di aver dimostrato che anche il "vulgare illustre" e la conseguenza di una premessa astratta. Il nodo del problema e il concetto del latino nella prospettiva linguistica di Dante, nella sua poesia e soprattutto nel Convivio e nel De vulgari eloquentia. Il volgare era la presenza dei vari dialetti italiani cosi come Dante li vedeva. Il latino, pero, e, come suggerisce Nencioni, una somma di due tradizioni: quella del latino classico e quella del latino medievale. Ne consegue che il contrasto tra le due lingue e basato su una valutazione di Dante in quanto poeta-teorico, un confronto rafforzato dall'astrazione che ne deriva, sicche la bipartizione "latino-volgare" prepara un vuoto semantico in cui giocano le idee filosofiche e poetiche del Poeta, vale a dire un nuovo spazio aperto al futuro in cui riaffiora il volgare nobile.
    Download PDF (1619K)
  • S. Osaki
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 192-216
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS

    La Trilogia della villeggiatura, scritta nell'anno 1761, e ritenuta uno degli ultimi capolavori veneziani di Carlo Goldoni, e composta di tre opere: Le smanie per la villeggiatura , Le avventure della villeggiatura, Il ritorno dalla villeggiatura. Il Goldoni, aveva fatto precedere questa trilogia, da un'altra che ne costituiva per cosi dire la prova. Si tratta della Trilogia delle Persiane, composta di: La sposa persiana, Ircana in Julfa, Ircana in Ispaan. In questa tesi, ho paragonato le due trilogie, cercando di evidenziare in che modo la societa veneziana di allora sia riflessa nelle opere goldoniane osservando le caratteristiche della famiglia, i suoi mutamenti e il modo di presentare i personaggi femminili in queste due opere. Analizzando la Trilogia delle Persiane, si nota che i due protagonisti femminili, Fatima e Ircana, hanno caratteri contrari fra loro: Fatima e una figlia ubbidiente al padre e sposa, senza nessun dubbio, l' uomo da lui scelto; poi cerca di diventare una moglie ubbidiente. E un personaggio femminile caratteristico delle precedenti opere del Goldoni. Invece Ircana e una donna senza genitori e, per le prime due parti della trilogia, cioe finche si sposa, segue la passione e sceglie da se il suo futuro marito. Il suecesso di questa trilogia e dovuto alla figura di Ircana: Ircana e l'eroina per la quale sospiravano le donne nella societa patriarcale di allora. Come sfondo sociale di questa creazione di Ircana, vale la pena di ricordare la polemica sulle donne erudite che cominciarono ad apparire nel campo degli studi, fino ad allora sempre considerato solo retaggio maschile. L'aumento delle donne erudite era dovuto alla necessita delle famiglie borghesi che, avendo abolito le balie per i bambini dovevano educare le madri che avevano la responsabilita dei figli, futuri padroni delle famiglie. Il Goldoni, pero, nella terza e ultima parte della trilogia, fa sconfiggere Ircana dal patriarcato, facendola obbedire al suocero, padrone incontrastato della famiglia. Ircana diventa membro della famiglia dove lui comanda e non puo piu disobbedirgli, se non vuole essere cacciata. Per quanto riguarda la Trilogia della Villeggiatura, Giacinta, la protagonista, e una donna intelligente e spiritosa, prototipo della "donna erudita" che fu in voga nella Venezia del tempo. Avanzata nelle sue idee sul rapporto fra uomini e donne, all'interno della famiglia, Giacinta comanda sempre il padre Filippo, che ha perso il suo ruolo di padrone, ma fuori, davanti agli altri, finge di ubbidirgli per mantenere intatta la reputazione della famiglia. Paragonandola alle altre due protagoniste della Trilogia delle Persiane, si nota che in Giacinta sono mescolati gli elementi che si trovano nelle altre due; e una continuatrice di Ircana, nel suo essere sincera nel desiderio e nel voler comandare e controllare gli altri. D'altra parte essa ha anche degli elementi comuni con Fatima, nel sue essere ubbidiente al padre, anche se piu nell'apparenza che nella sostanza, nel suo tenere conto delle opinioni della gente e nell'essere cosciente delle sue azioni. Alla fine della Trilogia della Villeggiatura, diversamente da Ircana che sposa l'uomo che ama, Giacinta sposa un uomo che non ama e parte con lui per Genova. Giacinta, sposandosi per rispettare il contratto, che alla fine e firmato dal padre, non esce dalla norma sociale. Il Goldoni, facendo ubbidire Giacina alla volonta del padre e al costume patriarcale, enfatizza il problema dei beni familiari. In questo caso, la dote di Giacinta, che e una parte del contratto matrimoniale, viene fissata dai padroni, cioe da suo padre e da un amico del padre. Lei non ha altra scelta, dipendendo economicamente dal padre, che ubbidirgli, per non essere esclusa da quella societa. In entrambe le trilogie, il Goldoni termina la storia con le protagoniste che ubbidiscono ai padri. Rimane pero, come un

    (View PDF for the rest of the abstract.)

    Download PDF (1512K)
  • N. Kondo
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 217-242
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS

    Negli anni '30 l'ambiente teatrale italiano doveva essere ossessionato dall'idea di una mancanza del "teatro di massa" cioe, di un teatro che coinvolgesse tutto il popolo. Questo senso di mancanza, nel caso del genere teatrale, e spesso destinato a collegarsi con il problema della lingua. Come dice Gramsci, infatti, la lingua del teatro deve cercare la comunicabilita di quella parlata, visto che la lingua italiana non era ancora un fatto nazionale sia per il ritardo dell'unita culturale che per quello dell'educazione. Questo vuol dire inevitabilmente rivalutazione del teatro dialettale, pero come esempio di contraddizione fra la volonta e il fatto. Il governo d'allora non ammetteva le espressioni della cultura dialettale e lo spazio teatrale era definitivamente bloccato. E molto significativo che proprio in questo periodo Eduardo De Filippo, uno dei piu fortunati e importanti drammaturghi italiani, incominciasse una carriera indipendente. La sua napoletanita nelle commedie degli anni '20 era, come il teatro di Eduardo Scarpetta, un clima che dominava leggermente il mondo del dramma; le sue erano commedie "alla napoletana". Nel corso degli anni '30, Eduardo formava un'altra napoletanita, piu essenziale e profonda, che si puo quasi definire la vera protagonista nel dramma. Questo approfondimento della napoletanita lo portera in campo nazionale e poi, internazionale, dopo la guerra. La sua intenzione era, come dira lui stesso negli anni '70, "cercare di sbloccare il teatro dialettale portandolo verso quello che potrei definire, grosso modo, Teatro Nazionale Italiano". In questo senso, gli anni '30 erano, per Eduardo, il periodo in cui andava formando il suo teatro dialettale-nazionale. Da una parte costituivano il periodo del pirandellismo, in cui traduceva il teatro del grande letterato in napoletano, cooperando con lo stesso autore e ricercava la struttura drammaturgica anche senza usare le maniere farsesche scarpettiane. Dall'altra erano, come gia detto, il periodo di approfondimento della napoletanita. Questo si intravede dalla stesura, durata molti anni, di uno dei suoi capolavori: Natale in casa Cupiello. Natale in casa Cupiello e nato come atto unico (l'attuale secondo atto) nel 1931, poi l'anno suecessivo ne e stato aggiunto un altro. Per completare i 3 atti si doveva aspettare fino al 1934, e secondo l'autore le correzioni durarono fino al '44. Questo processo della stesura che si estende oltre gli anni 30 coincide anche con lo sviluppo della fortuna del suo teatro. Con l'atto unico del '31 ha debuttato con la sua compagnia, una specie di avanspettacolo del cinema. L'aggiunta del primo atto coincide con il debutto al Teatro Sannazzaro, tappa obbligatoria di tanti letterati e teatranti, non solo di Napoli. In seguito rappresento la commedia in tre atti a Milano, dove ricevette il riconoscimento nazionale della sua arte. Anche nel contenuto, nonostante sia stata corretta interamente dopo il perfezionamento dei tre atti, non e impossibile rintracciare il percorso della formazione. Nei primi due atti si sentono ancora le influenze scarpettiane, ma il fatto che da una battuta improvvisa di Peppino, fratello minore di Eduardo, "A me non mi piace" sul palcoscenico, l'autore abbia sviluppato l'episodio del presepio, un simbolo di Napoli, e molto significativo. Il presepio non solo ha dato una connotazione caratteristica di Napoli, ma ha anche definito i personaggi. Intorno a questo oggetto i personaggi, specialmente il protagonista Luca Cupiello, si trasformano da tipi farseschi in personaggi psicologici. Questa oscillazione dei caratteri e il frutto della sintesi tra le sue esperienze nel teatro napoletano tradizionale e l'accettazione della nuova drammaturgia. Nel terzo atto, che aveva suscitato motivi di dissidi

    (View PDF for the rest of the abstract.)

    Download PDF (1589K)
  • T. Higashi
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 243-268
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Il sistema temporale italiano dispone di categorie verbali che, per quanto chiaramente distinguibili sul piano morfologico, presentano usi e sensi molto simili tra loro. Questo studio si concentra sul contrasto tra la perifrasi progressiva stare + gerundio, e i tempi imperfettivi (presente e imperfetto), mettendo in risalto, per quanto possibile, vari fattori che rendono spesso molto sottili le loro differenze. La piu evidente differenza tra l'imperfettivo e la perifrasi progressiva emerge dal fatto che il primo risulta essere compatibile con certi avverbiali che designano una durata nel tempo (aspetto continuo), laddove il secondo non lo e, poiche in molti dei casi questo attira l'attenzione su un singolo istante di focalizzazione dell'azione in corso (aspetto progressivo). Una frase come la seguente, tuttavia, sembra mostrare che la perifrasi progressiva tende ad indicare una durata piuttosto che un solo momento: (1) "Mentre sua sorella (dava / stava dando) l'esame, Gigi fumava nervosamente". Per tentare un'interpretazione ragionevole di questo fenomeno si prendono in esame alcuni tipici esempi di perifrasi progressiva che sembrano implicare la durata nel tempo. Cosi facendo, si nota che il significato fondamentale della perifrasi progressiva e sempre progressivo. Si tratta di elementi soggettivi o modali che permettono di conferire alla perifrasi progressiva un'estensione temporale utilizzandone la profonda espressivita: (2) "La Fiorentina sta vincendo tutte le partite" (disposizione virtuale piuttosto che descrizione di un fatto reale). (3) "Sta cercando di complicare le cose" (Calvino) (connotazione di biasimo). Nel caso di (1) il valore temporale della proposizione subordinata "Mentre …" viene analizzato come integrazione di una serie di istanti di focalizzazione. Si esaminano inoltre alcuni tipi di frasi complesse contenenti una congiunzione temporale e si analizzano i rapporti esistenti tra la principale e la subordinata, tra i tempi imperfettivi e la perifrasi progressiva. A certe condizioni, la perifrasi progressiva, oltre ai tempi imperfettivi, puo assumere un valore iterativo e percio pare designare una durata nel tempo. Ma il suo significato non cessa di essere progressivo: in questo caso serve infatti ad indicare un singolo istante di riferimento che si situa entro un quadro, il quale si ripete a sua volta e acquista nel suo complesso un valore iterativo o abituale. Infine, si accenna ai valori assunti dai tempi imperfettivi e perfettivi in un contesto piu ampio.
    Download PDF (1306K)
  • Article type: Bibliography
    1999 Volume 49 Pages 269-289
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (990K)
  • Article type: Appendix
    1999 Volume 49 Pages 290-292
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (38K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 293-
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (117K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 294-
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (111K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 295-297
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (304K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 297-298
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (226K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 298-299
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (213K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 300-301
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (230K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 301-303
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (322K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 304-305
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (211K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 305-306
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (209K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 307-308
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (222K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 308-310
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (308K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 310-311
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (203K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 312-313
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (214K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 314-315
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (229K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 315-316
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (223K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 316-317
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (228K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 318-319
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (219K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 319-321
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (328K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 321-322
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (224K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 322-324
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (317K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 324-327
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (401K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 327-
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (125K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 328-329
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (222K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 329-330
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (221K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 331-332
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (224K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 332-333
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (221K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 333-335
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (315K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 335-336
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (205K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 336-337
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (213K)
  • [in Japanese]
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 338-339
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (199K)
  • T. Iwakura
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 340-352
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (831K)
  • T. Koura
    Article type: Article
    1999 Volume 49 Pages 353-368
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (909K)
  • Article type: Appendix
    1999 Volume 49 Pages 369-373
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (417K)
  • Article type: Appendix
    1999 Volume 49 Pages 374-377
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (226K)
  • Article type: Appendix
    1999 Volume 49 Pages 378-
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (250K)
  • Article type: Cover
    1999 Volume 49 Pages Cover3-
    Published: October 20, 1999
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (44K)
feedback
Top