Studi Italici
Online ISSN : 2424-1547
Print ISSN : 0387-2947
ISSN-L : 0387-2947
Volume 62
Displaying 1-19 of 19 articles from this issue
  • Article type: Cover
    2012 Volume 62 Pages Cover1-
    Published: October 16, 2012
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (26K)
  • Article type: Cover
    2012 Volume 62 Pages Cover2-
    Published: October 16, 2012
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (26K)
  • Article type: Appendix
    2012 Volume 62 Pages App1-
    Published: October 16, 2012
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
  • YOSUKE SHIMODA
    Article type: Article
    2012 Volume 62 Pages 1-25
    Published: October 16, 2012
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS

    I frequenti interventi in prima persona del narratore-autore sono uno degli elementi tipici dei romanzi europei del primo Ottocento. La figura del narratore dei Promessi sposi, per molti aspetti, appartiene a questa tradizione. L'uso manzoniano delle prime persone e, pero, a ben vedere, molto particolare, in quanto lo scrittore milanese le utilizza in modo sistematico. Nell'introduzione dei Promessi sposi, interrompendo <<il proemio>> dell' autore anonimo con un discorso diretto, il Manzoni narratore si presenta con la prima persona singolare. Dopo aver manifestato l'intenzione di <<prender la serie de' fatti>> dal manoscritto e <<rifarne la dicitura>>, pero, comincia improvvisamente a usare la prima persona plurale (plurale "autoriale"). Poiche queste due prime persone, <<io>> e <<noi>>, vengono usate alternatamente nel romanzo, gia alcuni critici hanno giustamente tentato di classificare le loro funzioni mettendo in evidenza la pluralita del ruolo della voce narrante. Tutti i modelli di classificazione elaborati sono basati, in diversa misura, sull'idea di un <<noi>> autorevole che parla con sicurezza e pronuncia la verita. Questa sfumatura di autorevolezza e propria del plurale autoriale, ovvero la prima persona plurale usata al posto della prima persona singolare. Il narratore dei Promessi sposi, tuttavia, fa un largo uso anche della prima persona plurale allo scopo di coinvolgere il lettore. Si tratta del plurale inclusivo (<<io>> + <<voi>>) che potrebbe essere definito un <<noi>> "affettivo". Tra i casi evidenti di questo <<noi>> affettivo si puo classificare l'aggettivo possessivo <<nostro>>, che viene usato riferendosi ai personaggi <<il nostro Abbondio>>, <<il nostro giovine>>, ecc.) e fa in modo che il lettore condivida l'affetto del narratore-autore verso di loro. Insieme alla prima persona dell'aggettivo possessivo, con cui il narratore gioca sulla complicita con i lettori, anche le altre forme (verbale e pronominale) della prima persona plurale vengono usate per includere l'ascoltatore o meglio il lettore. Accanto ai verbi che si riferiscono all'atto del parlante / scrivente (<<abbiamo scritto>>, <<citeremo>>, <<ometteremo>>, <<spendiamo quattro parole>> ecc.), si trovano quelli che sembrano voler coinvolgere il lettore. Tipici sono i verbi che raffigurano chi "vede" i personaggi e la loro storia e seguendoli "si muove" dentro il testo (<<come abbiam veduto>>; <<per andar dietro a Renzo, che avevam perduto di vista>> (XI, 49); <<andiamo a vederlo [=Cardinale Borromeo] in azione>> (XXII, 47); <<Trasportiamoci al castello>> (XX, 42), ecc.). Anche se rimane difficile individuare tra i due poli una linea di confine netta, si deve comunque dire che la differenza tra il <<noi>> autoriale propriamente detto e il <<noi>> affettivo e notevole, e siccome all'interno delle enunciazioni contenenti la prima persona plurale, ritenute per lo piu omogenee, emerge questa varieta significativa, sara opportuno riconsiderare la loro tipologia. Ciascuno dei due tipi di <<noi>>, che compaiono entrambi di frequente nel romanzo manzoniano, ha una propria funzione. I dati raccolti da chi scrive mettono in rilievo la frequenza disuguale delle enunciazioni con il <<noi>> autoriale (esse appaiono in totale piu di 200 volte). Se ne trovano numerose nei capitoli cosiddetti "storici", capitoli in cui vengono narrati i fatti realmente accaduti. Si puo quindi ritenere che l'uso del <<noi>> autoriale sia fortemente motivato dall'atto di riportare le vicende storiche, e

    (View PDF for the rest of the abstract.)

    Download PDF (1864K)
  • KENICHI UCHIDA
    Article type: Article
    2012 Volume 62 Pages 27-47
    Published: October 16, 2012
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS

    Il fanciullo come ideale d'artista, il quale trae la sua origine dal romanticismo europeo, torna alla ribalta nel decadentismo italiano. Nella dedica del Piacere (1889) D'Annunzio parla del fanciullo: <<insieme con le mie pagine cresceva la cara vita del tuo figliuolo. [...] le piccole calcagna rosee, dinanzi a te, premano le pagine dov'e rappresentata tutta la miseria del Piacere>>. E rilevante che la rinascita dalla decadenza sia gia affidata al fanciullo. Nel decadentismo italiano, il motivo predominante e la rinascita sociale e spirituale, come implica il titolo stesso della <<Cronaca bizantina>>, fondata a Roma nel 1881. Il contrasto fra la decadenza e la rinascita viene descritto in modo piu drammatico dal D'Annunzio nel Proemio del <<Convito>>, fondato a Roma nel 1895. Ma nel <<Marzocco>>, fondato a Firenze nel 1896, l'arte e la societa, considerate indissolubili nel <<Convito>>, cominciano a separarsi. Delusi dal fallimento dell'espansionismo crispiano e del positivismo, gli artisti tendono all'introspezione, abbandonando gli impegni sociali. Quindi, nel 1897 Pascoli pubblica sul <<Marzocco>> i Pensieri sull'arte poetica, che inizia con la seguente frase: <<E dentro di noi un fanciullino>>. Pascoli modella il fanciullino sul Leopardi, per il quale il ricordo e la ricca fonte della creazione poetica. Il fanciullino pascoliano abbonda di immaginazione, come sostiene Leopardi in Ad Angelo Mai. Ma nel Pascoli non si trova il fanciullo come simbolo della natura spietata, che Leopardi raffigura nella Palinodia al marchese Gino Capponi. Fra le varie carattenistiche del fanciullo leopardiano, Pascoli adotta solo quelle a lui piu congeniali. D'altra parte, Pascoli concentra nel suo fanciullino la sua antipatia verso il superuomo dannunziano. Per esempio, nel Fanciullino (1903), ossia la versione ampliata dei Pensieri sull'arte poetica, aggiunge: <<per la poesia la giovinezza non basta: la fanciullezza ci vuole!>> per non farsi confondere con D'Annunzio. Pascoli, inoltre, nega la poetica dell'invenzione, la quale e la vera essenza dell'arte dannunziana, aggiungendo nel Fanciullino: <<Il nuovo non s'inventa: si scopre>>. Pascoli si mostra benevolo con D'Annunzio chiamandolo <<fanciullo prodigioso>> nella premessa dei Poemi conviviali (1904), ma cova dei sentimenti complessi verso questo suo rivale; il che e decisivo per la formazione del fanciullino. Conti precede Pascoli trattando il fanciullo come l'artista ideale nell'Introduzione ad uno studio su Francesco Petrarca (1892) e nel Giorgione (1894), del quale D'Annunzio scrive la recensione sul primo numero del <<Convito>>. La teoria contiana del fanciullo, densa di religiosita, attinge l'idea dagli scritti di Schopenhauer, Carlyle e Ruskin. Nella Beata riva (1900) Conti dimostra la sua dipendenza da Carlyle di On Heroes and Hero-Worship, dicendo: <<Il libro della natura e aperto dinanzi agli occhi di tutti; ma non e dato leggerlo se non ai bambini, ai poeti, e agli eroi>>. Suggestionato da questo rapporto eroe-fanciullo, D'Annunzio paragona Garibaldi ad un fanciullo nella Notte di Caprera (1901): <<Apre cosi le braccia la Natura / subitamente al buono figliuol suo / [...] / E il figlio a lei cosi volge dischiusa / la sua divina anima di fanciullo>>. Per la diffusione della poetica del fanciullo in Italia, il ruolo svolto da Conti ha una grande importanza. Nella famosa scena della convalescenza del Piacere, dove e facile ravvisare l'influenza della filosofia schopenhaueriana, D'Annunzio descrive la mistica poeticita del protagonista come un ritorno alla fanciullezza. Tuttavia, nelle opere successive, improntate dalla filosofia nietzschiana del giovane superuomo, il

    (View PDF for the rest of the abstract.)

    Download PDF (1405K)
  • KOSUKE KUNISHI
    Article type: Article
    2012 Volume 62 Pages 49-73
    Published: October 16, 2012
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS

    Benedetto Croce, uno dei piu importanti filosofi dell'Europa del ventesimo secolo, considero l'<<autonomia dell'arte>> come principio della sua estetica e del suo intero sistema filosofico. Questo principio veniva da lui teorizzato in virtu della nota distinzione fra quattro forme della vita spirituale (conoscenza intuitiva, conoscenza concettuale, attivita economica e attivita morale) e dell'identificazione dell'arte con la conoscenza intuitiva. Tuttavia, riferendosi all'ultima produzione di Croce, e difficile affermare che la sua posizione al riguardo non sia mai mutata. Si legge nell'Aesthetica in nuce (1928), ad esempio, un passo da questa prospettiva molto discutibile: <<Percio fondamento di ogni poesia e la personalita umana, e, poiche la personalita umana si compie nella moralita, fondamento di ogni poesia e la coscienza morale>>. Posto al centro questo problema, fra gli interpreti di Croce e nata una serie di polemiche. Gianfranco Contini, ad esempio, ne discusse con un tono alquanto polemico nel saggio L'influenza culturale di Benedetto Croce. Secondo Contini, nella storia del pensiero filosofico di Croce, ci furono delle modifiche non lievi, le quali riguardano innanzi tutto la questione etica dell'arte. A tal proposito, Contini sostenne che il saggio crociano Il carattere di totalita dell'espressione artistica (1918) segna una <<cesura>>, dato che la tesi contenuta nel saggio equivale a una <<REINTRODUZIONE DELLA MORALITA (o si dica addirittura del moralismo) IN ESTETICA>>. A prescindere dalle implicazioni che potrebbe avere questa <<cesura>>, molti altri critici (G. Sasso, M. Puppo, G. Orsini e E. Paolozzi) concordano nel riconoscere l'esistenza di un qualche cambiamento della posizione di Croce nei confronti del rapporto fra arte e morale. Tuttavia, il punto di svolta dell'estetica crociana viene riconosciuto piu spesso nell'Aesthetica in nuce (1928) che nel Carattere di totalita deli'espressione artistica, riferendosi, appunto, al passo menzionato sopra. D'altra parte, se Croce inizio, ad un certo punto, a richiedere moralita agli artisti, dovrebbe esserci stato qualche motivo. A dire di Contini, Croce introdusse la moralita in estetica, innanzi tutto perche gli era necessario uno <<strumento gnoseologico che gli permettesse di condannare, e proprio in nome della distinzione che aveva dichiarato l'autonomia dell'arte, la tendenza alla poesia pura e al frammento, cioe in blocco la letteratura contemporanea>>. In effetti, che l'atteggiamento assunto da Croce nei confronti della letteratura contemporanea fosse molto aspro e un fatto innegabile. Eppure, non e trascurabile un altro elemento: questa <<tendenza alla poesia pura e al frammento>> era molto consistente nell'epoca in cui Croce, con l'Estetica come scienza dell'espressione e linguistica generale, esordiva come filosofo di estetica (1902). Basti pensare che, in quegli anni, Pascoli, D'Annunzio e Fogazzaro, i poeti piu rappresentativi del cosiddetto decadentismo italiano, avevano gia pubblicato la maggior parte della loro produzione letteraria. Questa circostanza ci fa ipotizzare che mentre asseriva l'indipendenza dell'arte dall'attivita morale, Croce gia pensava a una teoria estetica che in qualche modo potesse comprendere in essa qualche sorta di moralita, per non dare una totale giustificazione alle tendenze della letteratura contemporanea. Con la suddetta ipotesi, nel presente articolo, si cerca di svolgere una lettura analitica dei testi estetici di Croce, soprattutto di quelli cditi prima degli anni in cui Contini indicava una <<cesura>> del percorso intellettuale del Filosofo (1915-18). Verra dato particolare rilievo ai seguenti testi. L'Estetica come scienza

    (View PDF for the rest of the abstract.)

    Download PDF (1762K)
  • AKIKO HARADA
    Article type: Article
    2012 Volume 62 Pages 75-98
    Published: October 16, 2012
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS

    In questo articolo si intende esaminare la reale funzione delle istituzioni municipali nella gestione politica ed amministrativa della Roma del Cinquecento, tramite l'analisi dei verbali del consiglio comunale di quel periodo. Gli studi Sul XVI secolo si sono comunemente focalizzati sul processo di formazione dello Stato della Chiesa, ritenendo che il suo potere centrale si fosse affermato a discapito dell'autonomia capitolina, irreversibilmente privata del suo ruolo amministrativo. Effettivamente, la volonta papale di fare di Roma la vera e propria capitale del nascente principato ecclesiastico, determino l'affermazione di un numero crescente di funzionari di Curia, incaricati di amministrare la vita cittadina. Questa nuova presenza di amministratori del potere centrale, unita al crescente afflusso di forestieri, costrinse il governo cittadino ad uno sforzo per difendere i propri privilegi ed adeguarsi alle nuove esigenze. Va tuttavia riconosciuto che le istituzioni capitoline reagirono con notevole elasticita, e con l'ultima riforma statuaria del 1580 portarono a termine un lungo processo di riorganizzazione interna, svuotando il ruolo decisionale dei senatori (di nomina papale) a vantaggio di quello dei conservatori. Questi ultimi divennero i reali detentori del potere esecutivo del governo municipale, e riservarono l'accesso all'amministrazione politica ad una elite capitolina formata dalle famiglie piu economicamente attive di Roma, accettando nei propri ranghi anche casate da poco stabilite in citta ma influenti sul piano economico. Dalla consultazione dei verbali conservati nell'archivio capitolino dal 1515, si puo inoltre verificare come questa classe dirigente del Campidoglio fosse attivamente impegnata nella gestione della res publica, conducendo un profondo dibattito politico sulle questioni amministrative della citta. Se ad esempio si considera il caso della politica annonaria, sappiamo che l'approvvigionamento alimentare della capitale era gestito dai funzionari del papato, forte delle sue maggiori capacita finanziarie e della possibilita di controllare un vasto territorio. Il governo municipale ricopriva in questo ambito un ruolo secondario, ma manteneva l'incarico della distribuzione del grano, del controllo dei prezzi e della qualita delle merci in citta. Esso quindi si occupava attivamente del mercato interno, tutelando le esigenze del "popolo romano", o potremmo meglio dire che la sua attivita fosse volta a proteggere gli interessi del ceto dirigente municipale stesso. Anche nel caso della gestione dell'approvvigionamento idrico, a causa dei costi ingenti dei lavori, era il papato ad incaricarsi della progettazione e della realizzazione di grandi condutture ed acquedotti. Il ruolo del Campidoglio pero non consisteva solo nel rilascio di sussidi finanziari per le grandi opere, infatti il comune si occupava direttamente della realizzazione di fontane ed impianti idraulici, rispettando le esigenze quotidiane della popolazione. Le relazioni fra Stato della Chiesa ed amministrazione capitolina nel XVI secolo in realta non si limitavano ai suddetti rapporti di collaborazione ed alla suddivisione dei ruoli politici. Il pontificato tento ripetutamente di ridurre il potere municipale e di interferire nell'amministrazione comunale, mirando al controllo delle nomine degli ufficiali capitolini ed all'imposizione di nuovi tributi. Ma il Campidoglio dimostro sempre una grande capacita di resistenza, reagendo ad ogni attacco con l'invio di delegazioni di protesta presso la Curia. Infine il governo locale riusci a difendere i propri antichi privilegi, approfittando dei periodi in cui la sede papale era vacante e facendo uso della propria rete clientelare presso la sede pontificia, stringendo alleanze e trattando direttamente con cardinali e famiglie papali. Dallo studio dei verbali municipali

    (View PDF for the rest of the abstract.)

    Download PDF (1762K)
  • YOSHITO GOTO
    Article type: Article
    2012 Volume 62 Pages 99-122
    Published: October 16, 2012
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS

    Italo Calvino (1923-1985) ha pubblicato La giornata d'uno scrutatore nel 1963. L'opera nasce da un'idea concepita nel 1953 quando l'autore trascorse pochi minuti presso la Piccola Casa della Divina Provvidenza, o "Cottolengo" come candidato del PCI. Il prolifico scrittore impiego un decennio nella stesura de La giornata d'uno scrutatore. Tuttavia, Calvino non e famoso solo per la sua vasta produzione letteraria, ma anche per il suo cambiare di stile da un'opera all'altra. Questo continuo rinnovamento stilistico e il metodo che egli adotta intenzionalmente nella creazione dei suoi lavori. Percio, la peculiarita che contraddistingue La giornata d'uno scrutatore rispetto alle altre opere calviniane sta nel decennio servito alla stesura, di cui e importante tenere conto nell'analisi. In altre parole, nel testo viene connotato il mutamento non solo letterario ma sociale del decennio. Nel presente articolo rivisitero La giornata d'uno scrutatore con un approccio analitico, soffermandomi su due punti di vista: quello del contesto storico-sociale e quello del mutamento diacronico del testo letterario calviniano. In questo modo, sara possibile trovare nell'opera la rappresentazione peculiare dei mutamenti sociali avvenuti negli anni Cinquanta in Italia e quello letterario nella produzione dello scrittore. La giornata d'uno scrutatore, secondo alcuni critici, si colloca tra i due periodi creativi di Calvino. Nell'opera, quindi, sono rimasti numerosi aspetti tradizionali che provengono, se non dal contesto neorealista in se, dal senso dell'"impegno" sociale assunto dallo scrittore. Tuttavia, essa contiene altrettanti nuovi aspetti che inaugurano un nuovo periodo calviniano. Avendo intenzione di rivelare tali aspetti, focalizzero l'attenzione su una metafora utilizzata nell'opera: il carciofo. La struttura di quell'ortaggio rappresenta il mondo reale di quell'epoca, e Calvino adotta tale immagine per descrivere la realta del mondo a lui contemporaneo. Ci sono due peculiarita inerenti all'immagine del carciofo, dalla quale nasce la descrizione letteraria stilistico-concettuale. La prima consiste nella sua struttura: la parte esterna del carciofo non e adatta a essere mangiata e si deve togliere una foglia dopo l'altra per arrivare finalmente alla parte centrale chiamata "cuore" del carciofo. Ogni foglia e la metafora di ogni singolo aspetto del mondo. Il gesto di sfogliarlo rappresenta il metodo scientifico dell'analisi, tramite il quale bisogna arrivare a mettere in luce la parte piu nascosta, la sostanza delle cose, ossia il cuore del carciofo. Esiste, quindi, un contrasto tra la parte esterna e quella interna. La seconda peculiarita consiste nella forma del carciofo: a prima vista, l'insieme delle foglie che compongono l'ortaggio, sembra un blocco compatto di un solo colore; a ben vedere, invece, ci si accorge che l'ortaggio e composto da numerose foglie tutte diverse e separabili. Tale aspetto del carciofo prevede il contrasto tra il dettaglio e il complesso di un'entita esistenziale. Del resto l'immagine della dialettica: "l'ottimismo e il pessimismo erano, se non la stessa cosa, le due facce della stessa foglia di carciofo", rappresenta solamente una parte dell'intero; da cui nascono due aspetti dell'immagine. Da un lato, tale immagine e l'estensione geografica e infinita nel processo dialettico; dall'altro nel concetto della mise en abyme, ogni dettaglio contiene un altro dettaglio al suo interno. Con l'immagine del carciofo, Calvino ha realizzato una descrizione della realta sia ideale che materiale; e si puo concludere che, sviluppando tale metafora, Calvino e riuscito a trarre da essa l'immagine del contrasto tra continuita/discontinuita come una visione del mondo, la quale

    (View PDF for the rest of the abstract.)

    Download PDF (1613K)
  • Article type: Bibliography
    2012 Volume 62 Pages 123-137
    Published: October 16, 2012
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (677K)
  • Article type: Appendix
    2012 Volume 62 Pages 138-
    Published: October 16, 2012
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (13K)
  • Article type: Appendix
    2012 Volume 62 Pages 139-142
    Published: October 16, 2012
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (224K)
  • Article type: Appendix
    2012 Volume 62 Pages 144-148
    Published: October 16, 2012
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (276K)
  • Article type: Appendix
    2012 Volume 62 Pages 149-150
    Published: October 16, 2012
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (116K)
  • Article type: Appendix
    2012 Volume 62 Pages 151-
    Published: October 16, 2012
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (47K)
  • Article type: Appendix
    2012 Volume 62 Pages 152-
    Published: October 16, 2012
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (45K)
  • Article type: Appendix
    2012 Volume 62 Pages 153-
    Published: October 16, 2012
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (20K)
  • Article type: Appendix
    2012 Volume 62 Pages App2-
    Published: October 16, 2012
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (16K)
  • Article type: Cover
    2012 Volume 62 Pages Cover3-
    Published: October 16, 2012
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (27K)
  • Article type: Cover
    2012 Volume 62 Pages Cover4-
    Published: October 16, 2012
    Released on J-STAGE: April 05, 2017
    JOURNAL FREE ACCESS
    Download PDF (27K)
feedback
Top