Studi Italici
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Il Filosofo inglese : una commedia goldoniana vista attraverso le critiche dei suoi contemporanei
Sayano Osaki
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2007 Volume 57 Pages 217-238

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Il Filosofo inglese, commedia composta e recitata per la prima volta nel 1754, godette fin dall'inizio di un enorme successo. E se il poeta e nobile Giorgio Baffo la critico in un poemetto in dialetto veneziano -che intensifico lo scontro tra goldonisti e chiaristi- furono invece molti quelli che scrissero in sua difesa. Dal punto di vista critico, Giuseppe Ortolani, studioso del Goldoni, non ne ebbe una grande considerazione, sostenendo che l'autore "s'era allontanato dal mondo reale che gli sorrideva intorno, per avventurarsi, come nella Sposa Persiana, fra i personaggi fittizi d'un mondo straniero, conosciuto soltanto sui libri". Parole che, pero, non spiegano il motivo per cui essa fu capace di suscitare cosi tante discussioni tra i contemporanei del Goldoni. Esiste allora una ragione, contenuta in qualche parte del testo, capace di sollecitare tanto gli animi a quel tempo? Partendo da questa domanda, ho analizzato le varie critiche fatte a questa commedia, cercando proprio di individuare una possibile causa a questo dibattito e, nello stesso tempo, di cogliere il suo significato all'interno del genere comico. Il Filosofo inglese, commedia in cinque atti ambientata a Londra, ha tre personaggi principali : il filosofo Jacobbe, la vedova Madama di Brinde e l'aristocratico Wambert. Wambert, che vuole sposare la vedova, e che in questo viene contrastato da Jacobbe. A causa di questa opposizione Wambert comincia a sospettare che Jacobbe sia segretamente innamorato di Madama di Brinde, e del resto non sa che lei stessa nutre un profondo sentimento per Jacobbe. Ma viene respinta; lei non accettera il matrimonio con Wambert, per cui nessuno coronera il proprio amore. E cosi termina la commedia, che non ha un lieto fine. Baffo, nella sua critica, giustifica il suo dispiacere affermando che non riusciva a trovare alcunche di vero nei personaggi, in particolare in Jacobbe, che non si innamora di nessuno. Per cui veniva meno il senso della commedia che, a suo dire, doveva sempre descrivere la verita. Goldoni, rispondendo alle critiche del Baffo, sostiene invece come essi abbiano questa verita, che esiste una passione in loro anche se non e evidente. Del resto, proprio su questa verita Goldoni aveva fondato la sua riforma del teatro. Nella prefazione delle sue Commedie, pubblicate dal Bettinelli nel 1750, egli, citando Les Reflexion sur la Poetique de ce temps et sur les ouvrages des poetes anciens et modernes di Rene Rapin, poeta e teorico francese, chiarisce che imitare la natura e una regola da rispettare sempre nell'opera teatrale. Don Matteo Fiecco, nella sua difesa a Goldoni, sostiene proprio questo, e cioe che il Filosofo inglese, anche se e una commedia povera di avvenimenti, "s'accosta meglio al vero, ed e piu naturale". E Ferdinando Toderini, paragonando Jacobbe con gli stoici, ne loda la capacita di stare dentro la societa, pur essendo diverso dalla gente. Questa figura del filosofo, che ha "una filosofia civile, discreta e sociabile" costituisce un vertice nell'opera di Goldoni. Inoltre, Toderini mette in rilievo come Goldoni sia riuscito a far esprimere ai suoi personaggi i loro sentimenti non tanto attraverso le parole quanto piuttosto con i gesti. E questo modo di descrivere e far "parlare" le persone, tramite gli atti, era piu realistico ed efficace che se avesse deciso di usare le sole parole. Gasparo Gozzi, fratello di Carlo e noto giornalista della "Gazzetta Veneta", ha scritto anch'egli delle opere teatrali. E contro il poemetto del Baffo, interviene lamentandosi che, purtroppo, gli spettatori si erano cosi abituati a vedere commedie in cui l'amore era portato all'eccesso, da non riuscire piu ad apprezzare quelle in cui esso si presentava in altri modi. Ora, dall'analisi di questi poemetti, emerge fin troppo chiaramente come la questione principale

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