Studi Italici
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LA “STORICA VERITÀ” DI ALESSANDRO VERRI NELLA CONGIURA DI MILANO
RUI KANNO
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2018 Volume 68 Pages 115-145

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Secondo Alessandro Verri (1741-1816) il processo creativo della Congiura di Milano era basato sul tentativo di “seguire la storica verità”. Per quanto alcuni critici abbiano già messo in evidenza il valore storico di questo approccio quale anticipazione del Romanticismo, si ritiene che l’intento innovativo dell’autore, soprattutto a livello tecnico, non abbia ancora ricevuto adeguata attenzione. Scopo di questo lavoro è dunque mettere in relazione l’innovatività verriana con la drammaturgia dell’epoca analizzandone le trasgressioni teatrali.

La storicità o veridicità, fin dalla Poetica aristotelica, aveva sempre rappresentato un elemento fondante del genere tragico, impostazione questa che era andata acquistando sempre maggior peso anche grazie al lavoro del cinquecentesco postillatore del testo aristotelico Lodovico Castelvetro (1505-1571). Intorno alla metà del Settecento, fu possibile però individuare una nuova fase: in questo periodo, infatti, stavano emergendo come requisiti della tragedia nuovi elementi, quali la distinzione della storia dal mito e la richiesta di soggetti legati alla storia nazionale. Lo storicismo verriano sembra così essere inteso come risposta al mutato clima culturale e alla crescente enfasi che veniva gradualmente ponendosi sulla dimensione storica.

Allo scopo di comprendere al meglio l’approccio verriano è opportuno considerare la sua formazione di storico. La storiografia, infatti, rientrava, all’interno del contesto illuminista, tra i principali ambiti di studio assegnati al Verri dal fratello Pietro (1728-1797) durante il periodo milanese (1764-1766). Lo sforzo di ricostruzione del passato trovò in seguito compimento nel Saggio sulla Storia d’Italia, che, seppure non pubblicato, rivela le ambizioni storiografiche dell’autore. La rimozione della soggettività e la leggibilità del testo, evidenti nel progetto, ne costituiscono le colonne portanti, implicando da una parte il rifiuto dello stile “poetico” e la presa di distanza dall’arbitrio interpretativo e l’uso delle citazioni, e inducendo, dall’altra, il rifiuto dello stile annalistico e l’equilibrata scelta del materiale. In questo contesto, nel presente studio si propone che tali caratteri anticipino la storicità della Congiura.

In primo luogo, fra i tentativi di “seguire la storica verità”, si dovrebbe annoverare l’aspetto stilistico, che l’Autore stesso, nella Prefazione, definisce “abbassare il Coturno”. Questo accorgimento, lungi dall’essere un semplice artificio retorico, mira piuttosto a “seguire la natura del costume che descriv[e] secondo la storia”. Il Galeazzo Maria Sforza della Congiura appare essere infatti un tiranno crudele e affabile, il cui tono ironico e ilare nei confronti dei sudditi contribuisce a veicolarne la complessità interiore. La tradizionale rappresentazione della drammaturgia classicistica richiedeva caratteri stereotipati, e il condizionamento del discorso teatrale era contraddistinto dalla schematicità, spesso a scapito della veridicità. La scelta verriana, opponendosi a tali canoni convenzionali, si manifesta in una rappresentazione di Galeazzo che non era frutto dell’immaginazione dell’Autore, ma una fedele ricostruzione storica basata sui documenti coevi. Questo elemento svela il momento importante in cui il principio dello storicismo supera i confini del classicimo.

Gli “agganci storici” aggiunti nei paratesti evidenziano uno stile che accomuna l’approccio verriano a quello romantico e rappresentano una strategia volta ad enfatizzare la storicità della tragedia, per quanto già nel Settecento non fossero mancati esempi analoghi. Autori come Antonio Conti (1677-1749) e Alfonso Varano (1705-1788), per esempio, avevano premesso alle loro opere lunghe prefazioni che discutevano l’analisi storica dell’argomento, distinguendo le parti poetiche da

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