詳細検索結果
以下の条件での結果を表示する: 検索条件を変更
クエリ検索: "エルサ・モランテ"
4件中 1-4の結果を表示しています
  • 辻 昌宏
    イタリア学会誌
    2023年 73 巻 159-168
    発行日: 2023年
    公開日: 2023/11/15
    ジャーナル フリー
  • 山﨑 彩
    イタリア学会誌
    2019年 69 巻 131-142
    発行日: 2019年
    公開日: 2021/01/23
    ジャーナル フリー
  • 太田 岳人
    イタリア学会誌
    2016年 66 巻 1-20
    発行日: 2016年
    公開日: 2017/12/09
    ジャーナル フリー

    Le macchine di Munari, pubblicato dalla casa editrice Einaudi nel 1942, è uno dei primi “libri per i bambini” di Bruno Munari (1907-1998). La caratteristica comune delle macchine inserite in questo albo è di essere costituite da meccanismi eccentrici e immaginari, che, non presentando alcuna utilità o praticità, invitano il lettore al sorriso. In realtà, già prima della pubblicazione dell’opera, l’artista aveva presentato alcune versioni delle macchine, in particolare in forma di vignetta, nel giornale umoristico settimanale Settebello (1933-1941), dal 1938 al 1939.

    Come ammesso da Munari stesso, l’immagine delle sue macchine si ispirava al disegnatore, o, per essere precisi, “vignettista” umoristico statunitense Rube Goldberg (1893-1970), conosciuto come inventore della Rube Goldberg machine. La machine di Goldberg era infatti composta da un complesso meccanismo basato su una reazione a catena, ma in grado di fare soltanto una cosa banale e semplicissima. Dal 1912 il vignettista statunitense aveva cominciato a illustrare la serie di machine per la stampa, e la sua attività aveva suscitato l’attenzione di una parte del campo artistico del suo Paese (per es. di Marcel Duchamp e del Museum of Modern Art di New York). Certo nell’albo di Munari è possibile trovare indizi della conoscenza della Rube Goldberg machine, ma le macchine munariane contengono anche elementi che ne indicano l’originalità. In primo luogo la decisa negazione dell’utilitarismo della macchina in termini generali e il mancato utilizzo nell’illustrazione della macchina della reazione a catena, cioè l’elemento più caratterizzante della Goldberg machine. In altre parole, il “nonsense” delle macchine munariane appare sottolineata in modo più drastico.

    Pur non dichiarando esplicitamente modi e tempi della conoscenza del lavoro di Goldberg, Munari aveva già presentato un prototipo di Macchine almeno in una pagina della rivista annuale non umoristica Almanacco letterario Bompiani del 1933.

    Dal 1927 al 1937, Munari, seppure partecipe del movimento futurista italiano, non fu in grado di dedicarsi alla pura arte e, per guadagnarsi da vivere, dovette fare molte esperienze nel campo dell’editoria come vignettista o illustratore. A Milano, infatti, dove egli si trovava, stavano crescendo rapidamente alcuni grandi imprese editoriali come Bompiani o Mondadori.

    Negli anni Trenta, intanto, fiorivano alcuni nuovi e popolarissimi giornali umoristici come Marc’Aurelio (1931-1958) o Bertoldo (1936-1943). La repressione esercitata sui giornali umoristici antifascisti negli anni Venti aveva vietato le vignette satiriche a tema generalmente politico e in questo clima gli umoristi professionisti, quando non favorevoli al regime, sottoposti alla censura e alla guida amministrativa, si trovavano a disegnare vignette che, attaccando Paesi stranieri come Francia, Inghilterra e Unione Sovietica, li dipingevano come nemici. Sotto questo aspetto, il concetto umoristico delle Macchine create da Munari non era si poneva in contrasto con il regime, ma piuttosto era neutrale rispetto alla linea politica.

    La collaborazione di Munari al Settebello fu favorita da un abile dirigente della testata: Cesare Zavattini (1902-1989), uno dei grandi sceneggiatori del cinema neorealista dopo la Seconda Guerra Mondiale. Questi, lavorando durante gli anni Trenta per varie case editrici milanesi in qualità di redattore e correttore di bozze, aveva incontrato Munari nella redazione dell’Almanacco letterario Bompiani. In quel periodo Zavattini era incaricato del progetto del Bertoldo per la Rizzoli, ma venne assunto dalla Mondadori per occuparsi della direzione di vari periodici dal 1936 in poi. Nel 1938, quando gli venne affidato l’incarico di caporedattore del Settebello, Zavattini chiamò Munari fra i giovani vignettisti e questo

    (View PDF for the rest of the abstract.)

  • 柴田 瑞枝
    イタリア学会誌
    2013年 63 巻 1-27
    発行日: 2013/10/18
    公開日: 2017/04/05
    ジャーナル フリー

    Alberto Moravia (1907-1990), uno dei maggiori rappresentanti della letteratura italiana del Novecento, pubblico numerosi romanzi e racconti nell'arco dei suoi 82 anni. Fortemente attratto dall'esistenza "drammatica" della figura femminile, Moravia non soltanto scrisse opere riguardanti le donne, ma spesso tento di raffigurarle "dall'interno", immedesimandosi con esse e narrando in prima persona femminile. La Romana, La Ciociara, Il Paradiso, Un'altra vita, Boh, e La vita interiore sono sei delle sue opere principali, in cui la protagonista e sempre una donna che racconta la propria vita dal suo punto di vista. La scelta dello scrittore romano di narrare attraverso la voce di una donna suscito spesso grande clamore nella critica, oltretutto fu anche attaccato accanitamente da alcune femministe dell'epoca. Ai suoi detrattori peto mancavano, nella maggior parte dei casi, i legittimi fondamenti e motivi che ne giustificassero l'attacco. Dopo la pubblicazione de La Romana (1947), il suo primo romanzo in prima persona femminile, Moravia prosegui con il suo narrate dal punto di vista di una donna anche ne La Ciociara (1957), in tre raccolte di racconti pubblicati negli anni settanta (Il Paradiso, Un'altra vita, Boh, vedi sopra) e infine, ne La vita interiore (1978). In questo articolo si intende analizzare e riesaminare l'importanza del suo ultimo romanzo in prima persona femminile, La vita interiore, che sembra essere sottovalutato in alcuni aspetti politici e letterari. Lo scrittore impiego ben sette anni per la stesura de La vita interiore che, appena pubblicato, attiro una grande attenzione da parte del pubblico e dei critici per i suoi contenuti "scandalosi" come la prostituzione, la dissacrazione della religione, l'amore incestuoso e il terrorismo politico. Inizialmente narrato in terza persona, a seguito di un processo di interiorizzazione del punto di vista narrante, nacque il personaggio di "Desideria". La giovane protagonista viene intervistata dall'autore, indicato con il pronome "Io", ed essa gli racconta il suo incontro con la "Voce" (una specie di suo Super-Io) e la sua storia di rivoluzione "simbolica" nell'atmosfera del '68. La novita portata da questo romanzo fu questa particolare forma dialogale, che Moravia riusci a inventare dopo vari tentativi. Questo artificio gli consenti di risolvere alcuni problemi notati dai critici nelle opere precedenti quali La Romana e La Ciociara, cioe l'autenticita di voce della narratrice. Ne La Romana e La Ciociara, infatti, furono spesso osservate l'inadeguatezza del linguaggio eccessivamente alto e sofisticato rispetto alla classe sociale a cui appartengono le protagoniste, la contraddizione tra il loro senso politico troppo acuto (dove traspare l'ideologia politica dell'autore) e la loro presupposta ignoranza in materia, e cosi via. Desideria invece puo parlare liberamente di politica, utilizzando dei termini piuttosto complicati, visto che, anche se lei ne sa ben poco, ha con se la Voce che e onnisciente e le suggerisce di esprimersi in una certa maniera. Inoltre c'e l' "Io" ad aiutarla a chiarirsi e a parlare con la massima autonomia facendole domande opportune e spiegando indirettamente ai lettori come e perche Desideria si comporti in un certo modo e non in un altro. Emerge quindi la tesi che la forma del dialogo triangolare tra Desideria, la Voce e l' "Io", sia il frutto della ricerca di una voce narrante femminile "autentica" dell'autore. Parallelamente, si e cercato di delineare l'atteggiamento politico di Moravia verso il grande movimento studentesco del '68 evidenziando il modo in cui esso venga riflesso nell'opera. Lo scrittore fu entusiasta delle iniziative degli studenti, ma non condivise il loro metodo

    (View PDF for the rest of the abstract.)

feedback
Top