イタリア学会誌
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スペクタクル再考 : チェーザレ・ザヴァッティーニにとっての映画
石田 聖子
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2013 年 63 巻 p. 29-52

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抄録

Per quanto le opere di Cesare Zavattini (Luzzara 1902 - Roma 1989), susseguitesi in vari ambiti (giornalismo, letteratura, cinema, pittura ecc.), appaiano poliedriche e caotiche, l'obiettivo dell'autore emiliano rimane costantemente uno: <<fare coincidere lo spettacolo con la realta>>. Se egli fece ricorso a differenti mezzi espressivi nel corso della sua carriera, fu appunto per tale scopo. In questo articolo, si vuole pertanto valutare uno dei mezzi piu essenziali da lui scelti : il cinema come <<oggetto che rivela le cose>>, insieme al concetto di "spettacolo", la cui realizzazione va ricercata attraverso esso. Vengono prese dunque in esame le esperienze cinematografiche zavattiniane iniziate nei primi anni Quaranta, sulla base dei suoi scritti critici cinematografici raccolti in Diario cinematografico (1979) e Neorealismo ecc. (1979) e sul film Miracolo a Milano (regia di Vittorio De Sica, soggetto e sceneggiatura di Cesare Zavattini, 1951). L'analisi muove dal confronto tra le definizioni ordinarie del termine "spettacolo" e il suo uso particolare nel contesto zavattiniano: se le prime alludono alle creazioni artistiche che si concretizzano nei luoghi limitanti, il secondo sottolinea la possibilita di realizzazione dello spettacolo nei luoghi non limitanti. Per Zavattini, che asserisce <<diventano spettacolo le cose ferme in una attenzione predisposta>>, lo spettacolo non dovrebbe distinguersi dalla realta e non e nient'altro che lo stesso oggetto che si muta internamente nel rapporto istituito dallo sguardo, ovvero una realta straniata. Emerge cosi il vedere come atto privilegiato. Benche Zavattini lo avesse concepito in tal modo fin dal momento dell'esordio, come testimoniano la sua preferenza per la passeggiata come motivo letterario e una serie di autoritratti rappresentati da due cerchi sospesi nell'ovale, tale consapevolezza si forma per la prima volta in Ipocrita 1943 (1955), opera letteraria minuta del 1943, periodo in cui l'autore passava dalla letteratura al cinema. Il testo registra il processo di come lo scrittore condanni l'occhio umano che percepisce solo il visibile ed aspiri invece a quello divino, in grado di concepire anche l'invisibile. Si fa dunque appello all'atto di vedere come momento di creazione e nel quale ci si prospetta di superare i limiti imposti all'esistenza umana. L'atto viene chiamato in causa per delineare l'anatomia del mondo e della sua realta dalla struttura duplice e contraddittoria. La cognizione di tale forma di realta, propria della "societa dello spettacolo", fa nascere nel pensiero zavattiniano la riflessivita come concetto indicativo e cosi pure l'interesse per lo specchio. Per Merleau-Ponty, lo specchio e un luogo di capovolgimento e secondo Lacan, produrre un'immagine speculare per poi riassumerla in se e il processo necessario per ottenere l'identita. Raddoppiarsi illusoriamente, pertanto, puo essere considerata una tecnica cosciente per stabilirsi nella realta e per elaborare nel frattempo un'identita conforme ad essa. <<Il cinema afferma la validita dello specchio>>, come sostiene Zavattini, lo specchio e il cinema sono due esperienze collocabili in una continuita fintantoche sono ambedue media con la funzione di restituire immagini di chi guarda e del mondo che lo circonda. Se l'autore emiliano predilige il cinema, e proprio per tale sua funzione, e conseguentemente lo considera una protesi dell'occhio umano, con la quale eseguire la creazione totale del mondo. Miracolo a Milano e un film diretto da De Sica, come omaggio a Zavattini, nonche espressione fedele della poetica zavattiniana, ed e dunque un esempio emblematico di cio che per lo scrittore emiliano significava raffigurare la realta: difatti, l'intento del film e rigorosamente quello di

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