GEMME, PERLE E PIETRE DURE: LA LIRICA DI TORQUATO TASSO E LE POESIE ‘PETROSE’ DEL CINQUECENTO FIORENTINO

Abstract

Fra le liriche scritte da Torquato Tasso e pubblicate nell’edizione Solerti-Maier è possibile individuare una tematica che attraversa diversi metri e generi poetici, ovvero quella ‘petrosa’, che prende il nome dalle quattro canzoni che Dante dedicò alla donna Petra. Le quattro canzoni sono connotate da una sperimentazione lessicale e metrica molto ‘dura’, e dall’associazione della donna amata a una pietra.

Fin dalla giovinezza Tasso scrive numerose poesie amorose in lode di donne a lui contemporanee nelle quali usa le pietre come elemento di paragone. Fra queste poesie vi sono ad esempio le Rime 6, 56, 61, 103, 112, 113, 129, 138, 148, 158, 179, 180, 208, 129, 213, 226, 232, 233, 369, 474, 532, 558, 788, 900, 922, 974, 1050, 1244, 1364, 1394, 1436, 1450, 1461, 1552 dell’edizione Solerti-Mayer. Le riprese dalle poesie di Dante sono evidenti, ma ancora più importanti sono gli intermediari, e in particolare Petrarca e Giovanni Della Casa. Quest’ultimo è modello stilistico fondamentale per il giovane Tasso, e alcune sue rime petrose si trovano di fatto riscritte in analoghe liriche tassiane degli anni Sessanta del Cinquecento.

Con la progressiva maturazione di gusto in direzione di un concettismo decisamente pre-barocco, Tasso sembra però allontanarsi dal magistero di Della Casa, allineandosi piuttosto al gusto fiorentino contemporaneo. Infatti a partire dalla metà del Cinquecento si sviluppa a Firenze una forte cultura del madrigale, che in particolare con Giovan Battista Strozzi il Vecchio, e poi successivamente presso i suoi seguaci (ad esempio Michelangelo Serafini e Mario Colonna), raggiunge punte di concettismo manierista che spesso anticipano le scelte di Tasso. I tre madrigali petrosi scritti a istanza di Curzio Ardizio, ovvero Rime 439-441 (ma anche altri componimenti, e.g. Rime 401, 481, 770, 879, 1013, 1243, 1367), si mostrano vicinissimi alle scelte metriche e stilistiche dei madrigali petrosi fiorentini, ad esempio alle Pietre Sforza di Strozzi il Vecchio e alle Pietre del Colonna, tanto da far pensare a una ripresa diretta. D’altronde anche sul piano biografico Tasso fa registrare un avvicinamento all’ambiente socio-politico fiorentino, ad esempio quando dedica liriche a Bianca Cappello e ad altri membri della famiglia medicea (in part. Rime 1270-1284, ma anche 570, 1348, 1435). Considerando la passione del Granduca Francesco I per la cultura delle pietre dure, non stupiscono i molti riferimenti petrosi (intesi anche come allusione ai possedimenti minerari, nonché alle architetture e alle arti fiorentine) contenuti in tali componimenti encomiastici.

Nel complesso, anche se manca la prova materiale della conoscenza della tradizione fiorentina da parte del Tasso (ad es. un manoscritto di poesie dello Strozzi o dei madrigalisti fiorentini presente a Ferrara), la vicinanza stilistica è tale da permettere di ipotizzare con solide basi un’ispirazione almeno parziale.

Il contributo, dopo un’introduzione storica (cap. 1), una rapida campionatura diacronica degli elementi petrosi delle liriche tassiane (cap. 2), un’analisi dell’evoluzione stilistica di tali liriche nel senso di un concettismo già pre-barocco (cap. 3), e infine una valutazione del rapporto con l’ambiente fiorentino e mediceo, a partire da una comparazione con i madrigali di Mario Colonna, Strozzi il Vecchio e Michelangelo Serafini (cap. 4), si conclude con la proposta di allargare ad altri ambiti tematici il confronto dei madrigali tassiani con analoghi fiorentini, e in particolare con i madrigali di Strozzi il Vecchio, nella convinzione che da questa analisi possano emergere interessanti novità nella conoscenza dei due più grandi maestri della lirica del tardo Rinascimento.