Studi Italici
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UN’ANALISI DEI CARATTERI E DELLA FINALITÀ NARRATIVA DEL SOGNO DE IL CORBACCIO
MAMI TANAKA
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2021 Volume 71 Pages 29-49

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Abstract

La composizione del Corbaccio, opera in prosa di Giovanni Boccaccio, è collocata da gran parte degli studiosi intorno alla prima metà degli anni a partire dal 1360. Il protagonista dell’opera è innamorato di una vedova che non ne ricambia l’amore e lo canzona con un altro amante. Il protagonista giunge sull’orlo del suicidio, ma si allontana da questo proposito, si addormenta e sogna di smarrirsi in una valle deserta e selvatica dove incontra lo spirito del marito della vedova. Questi lo rimprovera e lo convince a liberarsi dal peccato dell’amore terreno presentando una rappesentazione poco lusinghiera dei difetti femminili, e in particolar modo quelli della vedova stessa. Lo spirito guida infine il protagonista sulla vetta di una montagna altissima da cui una luce sorge da oriente come il sole. La visione a questo punto si conclude e il protagonista, risvegliatosi, risolve di liberarsi dalle catene dell’amore.

Narrato in prima persona, il racconto venne in origine interpretato come una vicenda vissuta in prima persona dall’Autore, ma la maggior parte della critica lo considera oggi un elemento indicante la tendenza verso gli studi umanistici e la vita sacerdotale. Vari studiosi, in particolare Barricelli e Hollander, propongono inoltre che la satira misogina, interpretabile come riprovazione degli uomini stessi, renda l’opera paradossalmente satirica. Seguendo la tendenza dominante, Marti definisce il sogno “una sorta di Divina Commedia in piccolo, per un analogo itinerario verso la salvezza dell’anima ed escatologiche finalità”, considerandolo per lo più un’imitazione boccacciana in omaggio al Sommo Poeta, un’opera religiosamente pedagogica. La lunga tradizione onirica letteraria attribuisce al sogno la trasmissione di verità altrimenti inaccessibili e richiede un’analisi del sogno del Corbaccio anche in questa luce. L’interesse verso l’onirico, presente del resto anche in altre opere dell’Autore, mostra che il sogno di Corbaccio potrebbe mirare al proposito pedagogico del “piccolo trattato” secondo un percorso rinvenibile anche in altri testi che non parlano, però, di questo fenomeno.

L’analisi tiene dunque conto di due elementi: la presenza dello spirito rivelatore della verità e la categorizzazione dei sogni in cinque tipi compiuta da Boccaccio nelle Genealogie gentilium deorum, la sua opera enciclopedica, che riprende la distinzione di Macrobio nel commento al Somnium Scipionis. Fra questi, il genere oraculum è caratterizzato dalla presenza di una guida (un antenato, un santo o lo stesso Dio) che annuncia profezie al sognatore. Lo spirito del Corbaccio, messo della volontà divina per la salvezza del protagonista, può essere interpretato come elemento del sogno “premonitore”.

L’ora in cui il sonno si interrompe, inoltre, può offrire indizi utili all’interpretazione: al risveglio, il protagonista rievoca ciò che ha visto e udito, e attribuisce alla visione un giudizio di verità vedendo “già il sole essere levato sopra la terra”. La durata della riflessione non ci è nota, è ragionevole supporre che la visione sia avvenuta nelle ore del mattino. Il contesto dantesco permette di attribuire valore di premonizione al sogno del mattino, come si ricorda in Ura (1994), e lo stesso Boccaccio si avvale di questa tipologia, per esempio, nella Elegia di madonna Fiammetta (I 2-3). Le caratteristiche suggeriscono dunque un sogno veritiero e degno di fede, anche se le preoccupazioni precedenti la visione, nutrite dal protagonista rispetto alla vicenda della vedova, sembrano suggerire il genere insomnium, che nella definizione macrobiana non è foriero di verità. Boccaccio allude al sogno di Scipione, considerato veritiero, quale esempio (Genealogie, I, XXXI, §9), ma non esclude che le preoccupazioni possano originare un sogno latore di verità. Nel suo capolavoro si incontra infatti

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