Studi Italici
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LA SINTASSI E IL SIGNIFICATO NELLE GRAMMATICHE ITALIANE: INTORNO ALLE DEFINIZIONI DI FRASE
ATSUSHI DOHI
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2024 Volume 74 Pages 27-48

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Il presente contributo intende esaminare le definizioni di frase adottate nelle grammatiche italiane, mettendole in relazione con le teorie linguistiche sottostanti.

Mentre l’analisi di una lingua parte quasi sempre dall’unità di analisi piuttosto intuitiva della frase, risulta complicato definire quest’ultima specificando le regole e le conoscenze alla base di questa intuizione. Due proposte largamente diffuse tra le grammatiche italiane definiscono la frase come segue:

 

a) l’unità minima di comunicazione dotata di senso compiuto.

b) l’unità massima in cui vigono delle relazioni di costruzione.

 

La definizione (a) è di tipo semantico, in quanto si concentra sul significato della frase, mentre la (b) è di tipo sintattico, trattandosi di una descrizione delle relazioni formali tra le parole. Queste definizioni, trovate rispettivamente nella Grammatica Italiana di Luca Serianni con la collaborazione di Alberto Castelvecchi, e nella Grande Grammatica Italiana di Consultazione a cura di Lorenzo Renzi, Anna Cardinaletti e Giampaolo Salvi, rispecchiano teorie linguistiche diverse adottate dalle grammatiche in questione. Serianni si basa sulla linguistica strutturalista europea sotto l’influenza di Ferdinand de Saussure, mentre gli editori e gli autori della Grande Grammatica adottano i principi della grammatica generativa fondata da Noam Chomsky. La grammaticografia italiana è caratterizzata da una costante tensione fra tradizione e innovazione, che si è accentuata a partire dagli anni ’50 e ’60 con l’avvento della linguistica chomskyana che ha iniziato a influenzarla profondamente. In particolare, Chomsky ha ridefinito la linguistica considerando il linguaggio come una funzione innata della mente umana. Le definizioni di frase sopra riportate, dunque, non solo descrivono aspetti diversi della frase, ma rispecchiano anche visioni diverse della grammatica italiana come oggetto di studio.

Per prima cosa si esamina la nozione di “senso compiuto” su cui si basa la definizione (a), dimostrando che essa può risultare problematica. La definizione semantica, infatti, tende a confondere il significato con le funzioni grammaticali. Inoltre, il “senso compiuto” sembra coincidere con la proposizione vero-condizionale, mentre la sua presenza non è condizione necessaria né sufficiente perché una catena di parole costituisca una frase. Al contrario, la definizione sintattica (b) riesce a evitare i problemi della definizione semantica e permette una descrizione più precisa e generale dei fenomeni linguistici, superando i limiti della grammatica tradizionale.

Tuttavia, nonostante la teoria moderna della linguistica abbia portato a una nuova comprensione della grammatica come un insieme di regole formali che governano la struttura piuttosto che come un semplice insieme di significati, le grammatiche “moderne” non escludono completamente il significato. Ad esempio, la Grande Grammatica e le grammatiche che la seguono distinguono argomenti/elementi nucleari e circostanziali/elementi extranucleari: una distinzione di natura chiaramente semantica. Le grammatiche moderne, infatti, presuppongono l’esistenza di una struttura semantica che sottostà alla struttura sintattica della frase. Questo divario tra la linguistica moderna e le grammatiche moderne a sua volta rispecchia la distinzione tra I-language ed E-language, ovvero tra la capacità linguistica innata dell’essere umano e la lingua che usiamo per comunicare. La linguistica generativa studia la prima, mentre la grammatica, in base a quest’ultima, descrive la seconda.

Si prende infine in esame la funzione svolta dalla frase nell’uso linguistico pratico. L’esistenza della frase sembra connessa a una delle proprietà generali della

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