Il dittico di Piero della Francesca, ora esposto agli Uffizi, e unico: e composto dai ritratti di Federico da Montefeltro e di sua moglie, Battista Sforza; a tergo dei quali si trovano dipinti i trionfi allegorici dei due signori di Urbino con iscrizioni dedicate a loro. Il dittico e stato sempre considerato un'opera indispensabile per l'analisi dell'andamento stilistico-cronologico di Piero dati i suoi dettagli realistici, apparentemente fiamminghi, particolarita che non si trovano mai nelle sue produzioni giovanili. Tuttavia, siccome non ci rimane nessun documento concernente l'esecuzione, la questione cronologica di questo capolavoro ha fino ad oggi diviso gli studiosi con accanite dispute. Con il presente articolo, si cerca di formulare una nuova ipotesi riguardo all'occasione dell'esecuzione del dittico in base all'identificazione del paesaggio dello sfondo dei trionfi, proponendone anche una nuova datazione. Da quando il Cinquini (1906) esumo un componimento poetico in lode di un ritratto di Federico dipinto da Piero, scritto da un carmelitano che soggiorno ad Urbino nel 1466, diversi studiosi datarono il dittico al 1465 circa, finche il Gilbert (1941; 1968) lo colloco dopo il 1472, l'anno della morte di Battista. Nell'iscrizione dedicata alla signora urbinate, il verbo teneo e impiegato al passato, per questo il Gilbert ritenne che essa all'epoca dell'esecuzione del dittico fosse gia morta e che Piero l'avesse prodotto proprio per commemorare questo lutto. Secondo lo studioso, l'elogio poetico potrebbe riferirsi a un'altra opera, perche non fa cenno al ritratto di Battista. Recentemente, molti studiosi seguono pressappoco la scia del Gilbert. La sua tesi, peraltro, non e decisiva. Lo Sparow (1969) infatti afferma che il verbo teneo al passato, essendo subordinato a quello principale volito al presente, non richiede necessariamente la collocazione del dittico dopo la morte di Battista. Piu che altro, la sua scomparsa non ha alcun rapporto con l'impressionante paesaggio fluviale sullo sfondo dei trionfi, che, secondo chi scrive, racchiuderebbe la chiave del problema. Il fiume, in effetti, spicca molto al di la del carro trionfale di Federico. Leggendo l'iscrizione sottostante, si intende che il soggetto del dipinto e la "fama". Petrarca, dunque, nei suoi Trionfi, fonte dell'iconografia dei trionfi per i pittori rinascimentali, unisce il processo trionfale della Fama a Clau dio Nerone, console romano, che nel 207 a.C. "a tutta Italia giunse al maggior uopo" e sconfisse l'esercito cartaginese "come 'l Metauro vide" a dire del poeta. Il flume Metauro e a due passi da Urbino. Nel Quattrocento, "in tutta quella contrada" il flume era "notissimo" per la vittoria di Nerone, come riporta Flavio Biondo. Si desume percio che sullo sfondo dei trionfi Piero abbia dipinto il Metauro come luogo della storica battaglia vittoriosa per Nerone. Effettivamente, il paesaggio fluviale rievoca l'aspetto topografico dei luoghi in cui fu combattuta la battaglia del Metauro, il quale fu de scritto da Tito Livio nel suo Ab urbe condita liber XXVII. Va inoltre notato che Federico, proprio come Nerone, salvo l'Italia sconfiggendo il suo acerrimo nemico vicino al Metauro. Nel 1459, il duca francese Giovanni d'Angio, pretendente al trono di Napoli, intraprese una spedizione contro Ferdinando I. Con il duca si schiero Sigismondo Malatesta, eterno rivale di Federico. Le nozze del 1460 di Federico e Battista, figlia del signore di Pesaro, furono comunque politicamente volute dal re di Napoli e dal papa Pio II preoccupati per la grave situazione politica italiana. Cosi, nel medesimo anno, Federico fu nominato capitano generale della Lega Italica, e nell'agosto 1462 il suo esercito consegui una netta vittoria contro quello di Sigismondo
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