イタリア学会誌
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研究ノート
レオン・バッティスタ・アルベルティ『文芸の利益と不利益』研究の現在と展望
─作品読解における指針にかんする提案─
横田 太郎
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2018 年 68 巻 p. 95-113

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抄録

L’interpretazione e la valutazione del De commodis litterarum atque incommodis di Leon Battista Alberti dipendono quasi esclusivamente dalla datazione dell’opera presupposta dal riferimento ambiguo presente nella Leonis Baptistae de Albertis vita e dalla congettura proposta da Girolamo Mancini. Il De commodis, tradizionalmente datato al 1428-1429, è comunemente interpretato come considerazione stoica sugli studi e gli studiosi e rifletterebbe il pensiero giovanile di Alberti, che in giovinezza ha conosciuto le sfortunate vicende suggerite dai riferimenti autobiografici, rintracciabili in opere come la Vita e altre operette raccolte fra le Intercenales. Tuttavia, accettando la proposta di spostamento della datazione del De commodis a dopo il gennaio 1432, come proposto da Luca Boschetto, e facendo attenzione ad alcuni elementi provocatori nell’opera stessa, non sarà possibile ignorare la necessità di reinterpretarla nella sua interezza e riconsiderarne la funzione mettendola a confronto con quello che era il pensiero dominante, l’umanesimo civile, nel quadro del mondo accademico fiorentino.

Nella prima metà degli anni Trenta del Quattrocento, a cui potrebbe risalire la stesura del De commodis, Battista, aiutato da qualche potente membro della famiglia, ha già acquisito una condizione socio-economica consolidata e indipendente nonostante l’illegittimità della sua nascita: a lui è stato concesso il beneficio della prioria di San Martino a Gangalandi, ed è stato impiegato come secretarius di Biagio Molin, patriarca di Grado e reggente della cancelleria ponteficia, nonché nella Curia in titolo di litterarum apostolicarum abbreviator. Questi privilegi sembrano dimostrare l’elevato stato sociale di cui godeva Battista, membro della celebre famiglia Alberta.

L’incoerenza tra la figura dell’Alberti reale e quella dello studente sfortunato dei riferimenti autobiografici sembra mettere in dubbio la sincerità dell’autore che nel De commodis raffigura, come studioso “ideale”, il litteratus forzato ad abbandonare tutti i beni mondani. L’attività letteraria dell’Alberti assume infatti in questo periodo un certo tono di sfida, scettico verso il mondo accademico fiorentino capeggiato da chi viene definito hac etate litterarum princeps: Leonardo Bruni. Attraverso le polemiche dottrinali iniziate con il proemio al terzo libro della Famiglia e concluse con la Protesta e due proemi alle Intercenales, l’Alberti si rivolge con aggressività agli studiosi appartenenti alla generazione precedente, soprattutto al Bruni, senza dissimulare la propria frustrazione rispetto all’elitismo intellettuale che caratterizza il pensiero degli umanisti più anziani. Pertanto, anche il De commodis, nella cui dedica l’Alberti contrappone gli studiosi giovani agli umanisti dell’età precedente, manifestando una certa antipatia nei loro confronti, dovrebbe collocarsi all’interno delle polemiche dottrinali colorite dal tono ironico e provocatorio.

Alcune ricerche recenti, inoltre, hanno ampliato la portata dell’indagine sul De commodis considerandolo una satira della figura del litteratus tanto stoico e ingenuo da esser detestato ed escluso completamente dalla società, e mettendo in evidenza le allusioni motteggianti agli umanisti più anziani, Bruni incluso. L’opera insomma, potrebbe svolgere il ruolo di ulteriore manifestazione satirica dell’antipatia nutrita dall’Autore verso il mondo accademico fiorentino dominato dal Bruni. Anche questi caratteri provocatori tipici dell’intero pensiero dell’Alberti, critico dell’umanesimo civile, richiederebbero un confronto immediato e preciso del De commodis con il pensiero degli umanisti delle generazioni precedenti che elogiano la partecipazione degli studiosi alla vita attiva e si vantano dei contributi da loro portati al bene pubblico attraverso la dottrina.

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