イタリア学会誌
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論文
真実と虚構の境界─クラウディオ・マグリスの小説
山﨑 彩
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2018 年 68 巻 p. 51-72

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抄録

Questo lavoro mira ad isolare e definire una caratteristica generale dei romanzi di Claudio Magris, attraverso l’analisi dei fatti, che siano storici o meno, intersecantisi nei romanzi, evidenziando in questo modo il significato che l’Autore attribuisce alla scrittura.

Verità o invenzione? Musarra Schrøder sostiene che i romanzi magrisiani sfumano il confine fra l’una e l’altra, lasciandolo incerto e nebuloso. Attraverso l’espediente di un narratore che “trascrive” quanto raccontato in precedenza da un altro narratore, il romanzo di Magris risulta composto da una galleria di racconti, o meglio “testimonianze” - spesso sospette - incastrate in un racconto a cornice. Le testimonianze sono riportate da un personaggio-narratore, chiamato “filologo” o “critico letterario”, che assume il ruolo di detective della storia in un’indagine che “conduce a un cassetto, a una biblioteca, al segreto d’una vita” (Danubio, 343). Sua missione è combinare gli indizi raccolti e riportare alla luce un passato perduto. Si rende però necessaria la consapevolezza del lettore che il “filologo”, al centro del racconto-cornice, ricostruisce gli eventi in modo arbitrario: pertanto alla scoperta di eventi sottratti alle tenebre dell’oblio deve affiancarsi la capacità di dubitare del racconto stesso.

Il “filologo” magrisiano ricostruisce fatti storici spesso legati alla Seconda guerra mondiale, cancellati per qualche motivo contingente dalla memoria collettiva, “passati” che non rientrano nella macro-storia ufficiale, micro-storie marginali, se non frammenti di storie appartenenti a persone che non hanno lasciato tracce della loro esistenza o che hanno perso la vita senza lasciare niente di sé, esprimendo l’istanza di ricostruire queste micro-storie come una sorta di resistenza contro l’oblio. Il “filologo” diventa così “un piccolo guerrigliero contro l’oblio” («Danubio» e post- «Danubio», 25). Per quanto il recupero di micro-storie non apporti dati sufficienti a modificare il flusso o la percezione della macro-storia, la Storia ufficiale, permette di scoprire, accanto ad essa, tante piccole storie marginali e non ufficiali. L’attività del “filologo”, come in azioni da guerriglia, fa vacillare le assolute certezze della Storia ufficiale.

Il “filologo” ricopre inoltre il ruolo di correggere i falsi miti nati dalla distorsione dei fatti: Magris romanziere comincia dalla constatazione della verità fattuale, il “filologo” svela la fallacia del mito e ricostruisce gli eventi in modo più verosimile sulla base dei dati, dando però al contempo conto della falsificazione e dimostrando che il mito risponde in origine alle esigenze contingenti di coloro che lo hanno creato. Magris, nei romanzi, non offre solo molteplici verità sulla falsificazione, ma presenta anche una “verità poetica”, un tentativo di spiegare le cause degli avvenimenti, inoltrandosi così in territori ambigui e oscuri dove i fatti non sono più verificabili.

Si è voluto fin qui chiarire come i romanzi magrisiani problematizzino la scrittura del passato: permettono infatti di individuare i commenti dell’Autore sul “raccontare i fatti del passato”, lasciando intravedere come qualsiasi passato raccontato sia una mera “trascrizione”, una “fotocopia”, vale a dire un “falso”, e come a ciò non si sottraggano neanche le storie riportate dal “filologo”. L’atto stesso di attribuire a uno o più fatti una forma scritta genera una ricostruzione, che è un’interpretazione, ma anche un allontanamento dal fatto in sé. Questa definizione, pur in apparente contraddizione con l’attività del “filologo”, che ricostruisce faticosamente il passato, lascia trasparire con chiarezza l’approccio magrisiano alla scrittura. In Utopia e disincanto (1996), Magris dichiara che l’Utopia deve sempre accompagnarsi al disincanto, alla consapevolezza che l’Utopia non

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