Il presente contributo prende in esame le proprietà semantiche e sintattiche del cosiddetto dativo etico nel quadro teorico della grammatica generativa. L’osservazione del comportamento di questo elemento permette di elaborare l’ipotesi che un tipo di dativo etico abbia accesso ad un campo estremamente alto nella struttura sintattica della frase, chiamato Speech Act Projection.
Ampiamente diffuso nelle lingue indo-europee, il dativo etico è stato studiato accuratamente e a lungo. Il presente esame prende le mosse da un indirizzo di studi che distingue due tipi di dativo etico, che mostrano comportamenti distinti l’uno dall’altro. Il primo è il dativo di partecipazione emotiva (definito dativo etico “vero e proprio” negli studi precedenti), mentre il secondo viene definito dativo conversazionale.
Esemplificando il diverso comportamento delle due tipologie, si osserva che il primo non presenta limitazioni nella forma della persona e del numero in cui appare, indicando la persona che partecipa emotivamente all’evento descritto, mentre il secondo appare esclusivamente nella seconda persona e ricopre la funzione semantica di collegamento diretto con il ricevente allo scopo di coinvolgerlo emotivamente nell’evento.
Mostrando una funzione legata all’enunciato piuttosto che al contenuto proposizionale, il dativo etico è stato spesso considerato un elemento legato al discorso. Nello specifico, alcuni studi hanno evidenziato somiglianze che esso sembra condividere con un particolare gruppo di particelle discorsive: le particelle modali. Nel presente lavoro si intende tuttavia evidenziare che il dativo etico (di entrambi i tipi) in realtà mostra comportamenti non assimilabili ad esse.
La funzione delle particelle modali, dal punto di vista semantico, è quella di modificare la forza illocutiva della frase, negando una o più condizioni di felicità: funzione, questa, che non è mai ricoperta dal dativo etico. Dal punto di vista sintattico, inoltre, le frasi secondarie mostrano una distribuzione del dativo etico divergente da quella delle particelle modali.
Per quanto si sia spesso sostenuto che le particelle modali non hanno facoltà di apparire in contesti subordinativi, studi recenti hanno evidenziato frasi secondarie che ne ammettono la presenza, caratteristica che non emerge invece dall’esame del dativo etico. Si nota in particolare che mentre il dativo di partecipazione non sembra mostrare restrizioni particolari, la presenza del dativo conversazionale non pare essere ammessa nemmeno nelle frasi secondarie che ammettono le particelle modali. Tutto ciò suggerisce che soltanto il dativo conversazionale funzioni a livello di enunciato e che le modalità di svolgimento di tale funzione divergano da quelle delle particelle modali.
Le proprietà del dativo conversazionale, di collegamento diretto con l’ascoltatore con forte restrizione nel contesto subordinativo, vengono spesso condivise dai fenomeni definiti genuine root phenomena, esempi caratteristici dei quali sono il marcatore di cortesia -mas- in giapponese e l’accordo allocutivo (allocutive agreement) in basco.
Nell’ultimo decennio hanno visto la luce studi che, allo scopo di chiarire tali particolarità distributive, ipotizzano un campo sintattico estremamente alto, denominato Speech Act Projection. Questi presupposti potrebbero permettere la definizione di una relazione di accordo fra questi fenomeni e una testa funzionale responsabile della realizzazione sintattica dell’ascoltatore. Le similarità osservate tra i genuine root phenomena e l’elemento qui preso in esame inducono a supporre che nelle frasi contenenti il dativo conversazionale abbia luogo lo stesso accordo.
A partire dall’ipotesi seminale del cosiddetto split CP avanzata da Luigi Rizzi e dall’approccio cartografico che l’ha
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